lunedì 30 luglio 2012

Arctic Plateau - The Enemy Inside (Recensione)


Dietro Arctic Plateau ci sono la mente, i testi e il cuore di un italianissimo Gianluca Divirgilio,  accompagnato nell’apparato strumentale da Fabio Fraschini al basso e da Massimiliano Chiapperi alla batteria.
Dopo tre anni dal primo full-lenght “On a Sad Sunny Day” e dopo lo Split con i Les Discrets del 2010 ci troviamo di fronte a “The Enemy Inside”.
Album che colpisce positivamente fin dalla copertina, che è manifesto di una certa introspezione, di riservatezza e di qualcosa che va aldilà della realtà e della fantasia. Cose  che successivamente si ritrovano nell’ascolto di questo lavoro. È un’entità impalpabile e difficile da inquadrare, che spazia da uno shoegaze ad un suono a tinte più forti, ed è questo straniamento la chiave di lettura per quello che si ascolta spingendo play. Ed è bello passare delle ore in compagnia di quest’album, ci si sente meno alienati, forse per il semplice fatto che siamo accanto ad un altro “alieno”, almeno per un po’.

Sì è immessi nel “concept” dolcemente, grazie alle sonorità già familiari di “Music’s Like”, brano che avevamo imparato ad apprezzare già dallo Split, si passa ad un piccolo intermezzo di  “Bambini Piangete” e subito giù con “Adult Idiot”, in un’atmosfera sospesa che trae la sua vera forza dal testo, molto semplice ma anche molto incisivo, e soprattutto pregno di una nostalgia straniante, mentre tutto viene lasciato così, senza trovare realmente una soluzione. Il filo concettuale viene tessuto abilmente nel brano successivo “Abuse” a conferma che non serve a nulla cercare sempre delle risposte a delle domande.
Poi quasi quattro minuti di “Catarctic Cartoons”, strumentali, che lasciano la scena alla titletrack “The Enemy Inside” il così tanto temuto nemico interiore. Ma non dobbiamo farci ingannare dall’intro, perché oltre ad essere il perno su cui ruota l’intero album contiene anche una sorpresa sugli ultimi versi “Misanthropy and Cries Alternative Outside, When I Was a Shiny Angry and Shy Pure Child” urlati e sbattuti in faccia dalla voce di Carmelo Orlando, voce dei Novembre.
Si passa poi a “Melancholy Is Not Only For Soldiers” ed è subito la volta di “Loss And Love” che disarma un po’ soprattutto perché si viene a sapere che la voce che si presta in questo brano è quella di Fursy Teyssier dei Les Discrets, in un intreccio quasi impercettibile.
Si arriva quindi inspiegabilmente agli ultimi capitoli “Big Fake Brother” e “Wrong” , una chiusa meravigliosa assieme alla strumentale “Trentasette”.

In conclusione, è un album che colpisce molto, di cui ci si può innamorare. Di forte impatto empatico. Per dirla con le parole di Gianluca Divirglio che potete leggere in una bellissima intervista proprio qui. “Se non ami questa cosa chiamata Arctic Plateau tu non puoi fare parte di questa cosa chiamata Arctic Plateau”.


Voto: ◆◆◆◆◇
Label: Prophecy Productions

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