martedì 22 aprile 2014

HAVAH - durante un assedio (Recensione)

Nella mia non tanto vasta cultura musicale Havah, progetto musicale dietro cui si cela Michele Camorani (Raein, La Quiete), è balzato agli onori delle cronache col precedente disco Settimana. Non che lo avessi ascoltato ai tempi dell'uscita, ma complice la possibilità di recensire il nuovo lavoro, Durante Un Assedio, ho deciso di recuperare ascoltando anche i sette brani che andavano a comporre il concept di quel lavoro. Un modo come un altro per prepararmi a giudicare con cognizione di causa questi 8 nuovi pezzi, anch'essi strutturati secondo un filo comune (i titoli sono tutti nomi di battaglie) e con testi che vertono fortemente sul lato emotivo, racconti strazianti e vagamente pessimisti di relazioni andate in fumo e stati d'animo martoriati, come se fosse la nostra mente a stringerci d'assedio.
Se Settimana aveva atmosfere non troppo dissimili dal punto di vista narrativo è nelle sonorità che Durante Un Assedio si differenzia dal predecessore: seguendo l'andazzo “per andare avanti bisogna tornare indietro” Michele infonde in tutto il disco un amore per la punk wave oscura a cavallo fra anni 70 ed 80 non certo celato in precedenza, ma che qui assume livelli di idolatria più che di ispirazione. Già l'intro elettronico “Numantia” è una dichiarazione d'intenti, rispettata nelle atmosfere che odorano fin troppo di già sentito della potente “Demmin” e, soprattutto, di “Badung” e della conclusiva “Zalongo”: la prima potrebbe essere un pezzo dei Joy Division più tirati (e per chi scrive la somiglianza eccessiva non è un pregio), la seconda chiude in maniera poco efficace il disco fra riverberi robotici che esaltano, in maniera negativa, l'altrimenti condivisibile scelta di affidarsi nuovamente ad una produzione fieramente lo-fi.
Quanto scritto sopra non significa certo che l'album non abbia i suoi meriti: a partire dai testi, cupi e disfattisti ma capaci di lasciare impresse frasi ad effetto (“la notte avanza e ciò che hai son mura che non cadran mai”, “puoi disarmarmi solo con un gesto di pietà che non avviene mai”), passando per brani luminosi nella loro tenebra come “Saipan” per poi finire con la commistione di elementi acustici che dona spessore all'algida “Waco”, sonorità che ammaliano e rendono maggior giustizia a frasi come “Quando son di fronte a te a dichiarar vendetta la chiamo autodifesa”: è qui, come anche in “Masada”, che si trovano i maggiori punti di contatto col lavoro precedente. Potrei sindacare sulla scelta, riproposta, di seppellire la linea vocale al di sotto degli strumenti, cosa che rende spesso difficile discernere le parole scandite dalla voce tenebrosa e cupa di Michele, ma non mi sento di condannarla a priori anche se rischia di far godere meno di uno dei punti di forza della musica di Havah.

Settimana era un disco che rinnovava secondo dinamiche personali un genere vecchio di trent'anni, Durante Un Assedio di quel genere preferisce farsi specchio compiacente ed orgoglioso: pur ammettendo che l'operazione è riuscita bene non riesco a vedere in questo nuovo lavoro la stessa fantasia creativa che si agitava nel precedente, costringendomi a bollare l'ultimo parto musicale di Havah come un'occasione mancata per la troppa voglia di crogiolarsi in ricordi in note splendidi ma che sono, appunto, solo ricordi.

Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Autoproduzione

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