lunedì 13 ottobre 2014

The Suricates - Storie di Poveri Mostri (Recensione)

Ci avevano lasciato due anni fa con lo sguardo rivolto “al di là della periferia”, in attesa di trovarci un universo magari infernale, che a quanto pare era lì pronto ad accoglierli.
Nello specifico, i The Suricates hanno cercato e trovato la complicità di Antonio Dragonetti (fotografo e scrittore), che in questo loro ultimo lavoro ha messo parole, immagini e anima.

Un connubio, il loro, che dura già da un po’. Anime che non solo si incontrano, ma che si scelgono per dar vita a un qualcosa che a tutti i costi deve crescere e venir fuori, non per la fama, ma per la fame.
Fame, voglia, brama di mostrare quanto di bello e carnale ci sia in quella parte grottesca di universo ancora sconosciuta ai molti.

E così, parola dopo parola, grotta dopo grotta, scatto dopo scatto, questo sodalizio ha dato vita a “Storie di Poveri Mostri”.
Un album tanto oscuro quanto chiaro, pieno di immagini musicate, intriso di sensazioni che non impiegano molto ad impossessarsi del destinatario.
E’ facile dunque, in questo concept album, sentir crescere la rabbia delle vittime e dei carnefici, attraverso la carnale voce di Alessandro Cicchitti e a un tempo, scorgere il loro soffocamento che pian piano si rivela grazie alla musica lontana, dissolta, a volte  riempitiva. L’ascoltatore precipita così in un limbo dal quale difficilmente saprà venir fuori.

Sette brani, sette racconti o forse storie, che hanno di sicuro bisogno di attenzione per essere ben intese e “recitate”. Un rosario al contrario insomma, sul quale è bene soffermarsi a riflettere.
 Tracce adagiate su musiche che si dilatano dal post-rock al genere orchestrale, che partono con quella che sembra essere la più cruda delle storie, ma quella che ha in sé la struttura più ricca di ornamenti. Cosi tra arpeggi, trilli e tremolii viene concepita  “La passione di un Piccolo Cristo”, del quale assistiamo la crocifissione e la sua liberatoria corsa finale che viene amplificata dalla chiusura ritmata in perfetta armonia con l’intro assai più leggera.

Grano dopo grano, arriviamo al mistero delle “Streghe”, alla traccia che non segue nessuna linea, se non quella dell’istinto di urlare la rabbia di tre sorelle divenute carnefici. E la musica non può fare altro che seguire le mosse incontrollate delle protagoniste, inserendosi tra sussurri e grida.
Seguono “La Madre” e “La Processione”, amore e passione. Dolcezza e bellezza che hanno dalla loro composizioni musicali che fanno capire quanto i The Suricates siano cresciuti in questi anni. Melodie che riescono ad equilibrarsi, musica che riesce a riempire. Insomma, ogni cosa è al suo posto in questo nuovo universo.

A chiudere, come è giusto che sia, la liberazione. “L'Esorcismo” ultima traccia, ultimo grano. Voce soave su musiche che danno la sensazione di essere proprio nell’attimo in cui avviene l’alleggerimento dell’anima.
Processo quest’ultimo, possibile solo dopo l’ascolto dell’intero album, dopo la visione delle foto e dopo aver capito come in questo progetto nulla arrivi per caso.

“Le foto completano i racconti.
Foto e testi ispirano la musica.
La musica sostiene entrambi.”
(Antonio Dragonetti)



Label : Autoprodotto
Voto: 
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