domenica 22 aprile 2012

Il Sogno Il Veleno - Piccole Catastrofi (Recensione)


 Alex deve avere almeno un rimpianto nella sua giovane vita: quello di non aver potuto vivere gli anni '60.
Avrebbe voluto viverli di persona, senza l'aiuto dei racconti o dei video d'epoca, senza guardare foto sbiadite dei suoi familiari oppure dei divi dell'epoca.
Magari vorrebbe uscire e, andando al cinema, scoprire che è appena uscito "Jules e Jim".
La cosa ci accomuna, devo dire, anche se le ragioni sono molto differenti, così come i rimpianti che per Alex, se vivi, sono asciutti, distaccati.
Piccole Catastrofi, questo è il titolo del primo Cd de Il Sogno Il Veleno (in precedenza c'era stato Di Stelle in un caffè, un mini con 6 pezzi) è intriso di riferimenti agli anni del boom economico, che si contrappone in maniera stridente allo squallido momento che st(i)a(mo) vivendo ora.
Riferimenti che ritroviamo nelle liriche e negli arrangiamenti.
Si parte con la deliziosa Nouvelle Vague, documento "programmatico" dell'intero CD, aperto riferimento a quella "nuova ondata" di registi di cui nel testo si declamano nomi e film "e passo i miei giorni guardando / dei film che neanche comprendo/godard, truffaut, rivette, chabrol,resnais, hiroshima mon amour!" dove non manca, come in tutta l'opera, una sottile amarezza di fondo "cammino a volte cantando di come sia bello il mio mondo non faccio niente, non mi lamento mi piace ma non durerà".
All'epoca in cui ci fa immergere Alex, quando la Tv era in bianco e nero e di canali ve níerano solo 2, venivano trasmessi gli sceneggiati ed ecco che arriva la storia de Il Tram, "a un passo dal saper chi è l'assassino/mentre la legge inchioda il fattorino/non resta che ripetere la scena/ma capo questa volta non si scordi la pistola!".
Bistrot ci racconta una storia finita male, musicalmente vicina a Capossela "sapendoti lontana, pensando a ciò che è stato/non me la passo bene, come uno straccio usato/ c'è sempre questo whisky a farmi compagnia/a dirmi che c'è ancora una gran malinconia/e così, in mezzo ai tuoi perchè/ed io qui tra l'alba ed un caffè/accendo il mio tabacco e intanto penso a te".
E tra Le Cose Importanti, "quelle che non si dimenticano maiî, ci sono anche ìRenzo Palmer e gli sceneggiati della Rai".
Ancora amarezza, stesa su un tappeto sonoro vicino ai La Crus più intimi e minimali, fatto di poche note di piano, accompagnate da una sezione di archi, in questo che è uno dei punti più alti del CD "a pensar male si fa bene, lo dicon tutti /però che vita triste pensar male di se stessi,/a fare finta di stare con i matti/senza capire che in realtà si sta coi fessi!".
Sound a la H. Mancini e storia sullo stile del compianto Buscaglione e arriviamo a Storia quasi Amore "ma la pistola lei puntò/all'uomo che disonorò/e un colpo secco poi il suo cuor fermò / cadere un altro corpo lei guardò!/di morte lei fu circondata /quando capì che era finita /ma un colpo in canna a lei restava:/ tre cuori a terra senza vita..!"
In quegli anni uno dei giornali più diffusi era Paese Sera, storico quotidiano di sinistra, come ci ricordano le parole di Alex: "era maggio e c'era il sole,/per le strade le parole di rivoluzione /la bandiera e il suo colore / rosso di liberazione dà la direzione".
E, su un sound che sarebbe piaciuto a Morandi, si continua con citazioni d'antan mentre, nel finale, non manca ancora una volta, una nota di amarezza "1961 e Fellini al cinema: la dolce vita/musicisti e ballerine dentro ai tabarin e luci al neon/in bianco e nero/grida e applausi nei caffè all'aperto, lungo via veneto/se potessero sapere, se potessero vedere/quello che ora c'è".
Ci avviamo verso la conclusione con Favole, le cui note sembrano uscire dai titoli di coda di un programma, manco a dirlo, di 50 anni fa o da quelli di una commedia all'italiana.
Seguono Viola ("Viola, con quegli occhiali da modella francese degli anni '60") e "Signora in Foulard Nero, 2 canzoni più "convenzionali" e unici momenti deboli, soprattutto la seconda che risente di arrangiamenti troppo invadenti.
A far da contraltare, giunge l'ultimo brano, apice lirico dell'intera opera.
A metà anni '60 Pasolini girò il nostro Paese, intervistando la gente comune con domande su sesso, amore, costume per capire come l'Italia ed i suoi abitanti stavano cambiando.
Ne uscì un ritratto contraddittorio dell'Italia dell'epoca a cui il grande Pierpaolo diede titolo Comizi D'Amore. Un brano musicalmente scarno, che ritorna dalle parti de Le cose importanti, con solamente piano e archi a drammatizzare il tutto: "comizi di uomini e d'amore,/di lacrime e sguardi di dolore /Pierpaolo non arrossire,/sorridi e dimentica il tuo male".
Uno sguardo al passato, quindi, quando si era più ingenui ma anche più "genuini", quando le recensioni venivano scritte con la Olivetti 32 e non con l'ipad o l'iphone.
C'è da ringraziare Alex per questo viaggio a ritroso; e possiamo farlo prestando semplicemente orecchio e dando fiducia a queste Piccole catastrofi, in un'epoca in cui si è minacciati da quelle ben più grandi, a cui, ahimè, sembra essere quasi abituati.

Voto:
◆◆◆◇◇
Label: Red Birds Rec



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