Innanzitutto, dovete sapere che le ragazze di Venere hanno le malattie veneree e che siamo così piccoli che quando cadiamo non ci sente nessuno. Me lo hanno detto quattro ragazzi lancianesi, due annetti or sono.
"Auff!", ovvero un saggio di sporcizia punk (in senso buono), urgenza lirica e disincanto, è piombato sulla scena musicale italiana come un fulmine a ciel sereno. Se poi mischiamo il tutto con una presenza scenica indubbiamente esclamativa il risultato è ancor più esplosivo. Molto (anzi, troppo) spesso ho sentito dire: "O li ami o li odi". E' falso. E' una frase fatta, dettata dalla superficialità e da un corroborante "diritto di soggettività", che spesso sfocia in svariate forme di estremismo a discapito di un più sano ed opportuno "dovere di oggettività".
"McMao" è, oggettivamente, un disco di crescita e rinnovamento. Viene attuata una vera e propria opera di aggiornamento del sound (levigato nelle sue vette più aspre e brulle) e dei registri stilistici, senza però rinnegare le proprie radici. Non bisogna aver paura, quindi, di usare la parola "pop", dato che in molti casi è d'uopo ("Hanno Ucciso Un Drogato", "Oggi Chi Sono").
Intanto "La scuola Cimiteriale" potrebbe smentirmi immediatamente: il brano forma un ponte di trasporto attivo tra le spigolature del passato e il synth-fantasma del presente, creando una sorta di continuità che riesce a far accomodare in sala anche gli spettatori più scettici. Le procedure di stesura dei testi permangono fiere e piccanti, assieme alle linee vocali tipicamente scanzonate e sempre più marchio di fabbrica. "Coccodè" si fa notare per il suo bridge orientale/spettrale e per l'interessante punto di vista sul confronto di pericolosità fra una bomba ed una subdola chiazza di fredda urina infestata da una proliferazione batterica di Staphylococcus stupiditatis.
Dopo il loop ipnotico del "Cantico Delle Fotografie", ecco arrivare "La Pasticca Blu", e c'è subito aria di hit. Basta un solo ascolto per capire che è pronta a far strage di cuori nei futuri live con indosso il suo sgargiante vestito da sera in pura stoffa punk, cucito su misura. "Requiem per una madre" riesce a fare anche meglio con la sua atmosfera cupa e disperata, con i suoi ruggiti di chitarra che risuonano nel sottobosco di una jungla buia riscaldata esclusivamente dal calore di una sottilissima trapunta electro-pop.
Quei pochi passaggi a vuoto che (fisiologicamente) sono presenti all'interno del lavoro sembrano sparire o, se volete, diventano sempre più insignificanti con il passare degli ascolti, sintomo della grande genuinità che si cela dietro le quinte e del valore collettivo che ha raggiunto il progetto. Sintomo della loro immensa forza d'inerzia.
Voto: ◆◆◆◆◇
Label: Color Sound Indie/MArteLabel
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