I Cornershop sono da vent'anni l'espressione più positiva di quel crugiolo culturale che ha trionfato in Inghilterra. A Tjinder Singh, leader della band originaria di Leicester, scorre nelle vene l'India e non ha mai mancato occasione di ricordarlo nei suoi album, elargendo nel loro piacevole brit pop notevoli quantità di influenze musicali indiane, arrivando a mettere un sitar nelle mani di Noel Gallagher. Per il loro sesto album, freschi di vittoria agli Uk Asian Music Awards, decidono di fare un, a lungo desiderato, passo oltre. Prendono con loro la cantante bhangra Bubbley Kaur e danno alle stampe “Cornershop & The double Groove of”, il tipo di album che aspetti come un soffio di vento in una torrida giornata estiva. La band continua a costruire il suo ponte verso l'oriente offrendoci l'occasione di non voltarci indietro verso le gelide terre di albione. Ritmi banghra si mischiano a sonorità funky e accenni elettronici, regalando un album fresco e rigenerante. “United Provinces of India”, primo singolo estratto, dà solo una parvenza delle potenzialità nascoste nel disco. Il brano strizza l'occhio all'hip hop e coadiuvato dall'ipnotica voce di Bubbley sposta l'asse verso reminescenze panjabi di facile presa. Ma è in episodi come “The 911 Curry”, con la sua tabla e i suoi fraseggi swingeggianti, o “Natch”, dove è un groove elettronico a farla da padrone, che il disco scopre i suoi punti di forza. I Cornershop sono riusciti a creare un giusto punto d'incontro tra le due culture, allontanandosi da quanto fatto nella loro lunga carriera. Lo stesso uso del sitar è sciolto a piccole dosi nei dieci brani, tornando in auge insieme ad un irresistibile linea di basso nella lenta e psicadelica “Double Digit”. Il passo voluto da Tjinder si rivela maturo e, dopo “Handcream for a generation” e “Judy sucks a Lemon For Breakfast”, conclude dignitosamente una tripletta di album di spessore per questi anni '10.
Label: Ample Play
Voto: ◆◆◆◆◇
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