Dopo otto anni di attività e l'ottima uscita in casa Seahorse con “Supporto Colore”, tornano i partenopei Stella Diana e lo fanno alla grande. Con Gemini si confermano definitivamente come una delle realtà in ascesa più interessanti del panorama nostrano. Finalmente un gruppo che non ha paura di spingere forte sui pedali. Senza ombra di dubbio la miglior band shoegaze italiana. Chitarrone iperdistorte alla My Bloody Valentine, sorrette da ritmiche e impronte new wave che si coniugano alla miglior tradizione italiana, con il timbro vocale del cantante Dario Torre molto vicino a quello di Giovanni Lindo Ferretti. Gemini approda in Italia dopo essere uscito per l'etichetta spagnola Siete Señoritas Gritando. Una piena maturità artistica a cui i quattro napoletani giungono dopo lunghi tour in Italia e all'estero. Una band molto apprezzata in Spagna, cosa molto rara e da non sottovalutare per un gruppo che canta in italiano. Le nove tracce di Gemini sono un viaggio sonico, senza un momento di decadimento, coinvolgente sin dal primo ascolto e che porta, in modo inesorabile, a premere ripetutamente il tasto play. I richiami sono quelli alla miglior tradizione di fine anni '80, quando lo shoegaze non ancora veniva contaminato dalla sperimentazione, dal post-rock, mantenendo sempre una componente melodica di trasporto immediato. E' un inizio al cardiopalma quello di “Shohet” (il sacrificatore che, secondo i riti della religione ebraica, ha il compito di uccidere gli animali secondo i canoni rituali) diretto, d'impatto che ti giunge dritto in faccia, con muri di distorsioni, ora fragorosi ora liquidi che ti assorbono come una nebulosa, a creare una trama di suoni intensi. “Gli Eterni” è il primo video realizzato dalla band. Un brano magnetico con ritmiche potenti.
La successiva “Mira” parte con un basso roboante. Ad aleggiare un mood oscuro degno delle migliori atmosfere new wave, con intermezzi vicini agli americani Interpol. Ma è sull'esplosione maestosa del finale che veniamo travolti, con la testa che si scuote a tempo, le parole marchiate a fuoco nella mente “Sai che vorrei chiarire un'istante/non so più quanto tempo basti ancora per me/ogni risposta sembra avere uno spazio per sè...” La cura testuale degli Stella Diana è un altro elemento di grande importanza e a cui porre attenzione. Liriche mai banali che narrano principalmente d'amore (eh già) ma non solo, con un linguaggio poetico ma sempre molto vicino a noi, privo di pretestuose terminologie, sempre aperto e sincero. Un modo di spingere le parole, dando loro una certa enfasi particolare molto simile alla tecnica di Cristiano Godano, che si fa sempre servo della costruzione melodica della traccia. In “Kingdom Hospital” sembra quasi di udire una versione dei CCCP, attuale e rivista in funzione del proprio stile di estimatori di pedaliere. Uno dei brani nei quali emerge maggiormente la wave e venato da un senso di schizofrenia di fondo. “Non è divertente notare che saremmo migliori in ogni contesa/inerme la gente si sforza di limitarsi a dovere mentre decide...” L'evocativa e rilassata “Caulfield” nel ritornello ricorda vagamente gli Intercity, una delle tante band sottovalutate e misconosciute del nostro panorama. “Paul Breitnar” (che a qualche fissato del calcio anni '70 ricorderà qualcosa) col suo pop-rock cerca di velare le tensioni sonore e le onnipresenti distorsioni sempre sul limite del Larsen e che zampillano fuori come scintille da un cavo reciso, mentre delle ottime linee di basso assorbono e fanno da architettura al tutto. L'apertura e il ritmo spezzato di “Ra” ricorda molto i Kings of Leon di Because of the Times e gode di uno dei testi più belli dell'album (“ In ogni luogo il tuo bisogno mi divora/è strano a dirsi ma non ti consola il vuoto/ti conviene servirmi in questo mio sfogo da preda/seguo l'istante di ogni intenzione guardo il tuo volto bianco di pena...”) e col suo intermezzo e crescendo strumentale si afferma come uno dei momenti più memorabili e coinvolgenti assieme a “Mira”. “Happy Song” è a conferma del titolo la traccia più pop e orecchiabile. In chiusura in “Bill Carson” (il nome sulla tomba vuota de Il buono, il brutto e il cattivo) si scivola verso sonorità liquide e riflessive, mostrando il talento della band nell'allentare la tensione e cimentarsi col dream pop. Gli Stella Diana sono uno di quei gruppi che a coloro a cui piacciono le manopole delle pedaliere girate tutte sulla destra, riserveranno veri momenti di gioia ed emozione. Gemini è un disco che mostra una band dall'impeccabile capacità tecnica messa al servizio di un genere tanto bello quanto difficile. Gli Stella Diana pur assemblando nella loro personalità, mai così emergente e rappresentativa, sonorità passate e presenti, portano una ventata di freschezza ad un genere ed appaiono come la visione di un oasi al viaggiatore perso in un arido deserto nel quale si guarda sempre più avanti e meno ai propri piedi. Un disco e un gruppo, gli Stella Diana, per tutte le età, apprezzabile sia dal ragazzino che dall'adulto in cerca di cose ricercate e di qualità, perchè in fondo come dicono anche loro “E' la tua voglia che onora la tua età”
Label: Happy/Mopy Records
Voto: ◆◆◆◆◆
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