Siete estimatori degli amplificatori caldi di Steve Marriott e dei suoi Humble Pie, del soul vocale di Paul Rodgers o magari ancora legati al retro-rockismo psichedelico dei Comets On Fire? Allora questo disco “The Russian Wilds” dei rinati Howlin’ Rain è quello che vi ci vuole per ripassare qualche angolazione rock degli anni Sessanta/Settanta, per ritornare a bruciarvi al calore valvolare di chitarre fiammanti, trombe mariache, tastiere vibranti di Hammond, e rosolarvi sopra quelle suite mirabolanti messe a confine con le direttrici soul, blues e di tutte quelle timbriche a contrasto tra anima e spirito, pelli bianche e nere.
Dunque rock blues con accenti hard stilizzati all’epopea Grand Funk Railroad “Dark side”, confrontati col vicino ieri di Black Crowes “Can’t satisfy me now”, “Walking through stone” nel quale Ethan Miller e Soci sguazzano e gestiscono un suono forte, intraprendente e “storico” su tutti i fronti, con i tiraggi elettrici di chitarra (Isaiah Mitchell) portati allo spasimo Santaniano “Phantom in the valley”, “Still walking, still stone”, le voci in falsetto sullo schema Gillan/The Darkness e ombre Sabbathiane, un fenomenale meltin’pot che non tradisce le aspettative e che alza la temperatura rock a livelli ottimali per eruttare attraverso i coni stereo; undici tracce da manuale ed emozioni incluse che formano un complesso panorama multi cromatico, un crescendo di battiti e pulsazioni venose dei grandi fasti rocker che il quintetto di San Francisco – anche introducendoci molto della loro identità musicale – pare omaggiare, se non addirittura coverizzare, miti, vezzi e “battute” del tempo che fu, ma ciò non toglie che l’orecchio né guadagni oltremisura.
Niente di dispersivo o altro che ci faccia allontanare dai soffi stimolanti e tiepidi dei twin lead guitars alla Allmann Brothers “Beneath wild wings”, bluastra la psichedelia che scorre in “Cheeroke werewolf”, delicata la partenza di “Strange thunder” che poi in un pentimento decide di prendersi chili di watt e vento sulle orme poetiche di Page o la rilettura della ballata zuccherina della James Gang “Collage”; niente di nuovo e nulla fuori posto, tutto riporta “la” nell’Eldorado culturale delle musiche/sculture che nessuno mai scalfirà, tanto meno il tempo e la sua volontà, solo uno speciale “riascolto” del fiato del caro rock e dei suoi possedimenti di splendore sonoro che gli Howlin’Rain contribuiscono a tramandare come un – e lo è – prezioso Vangelo griffato.
Voto: ◆◆◆◆◇
Label: American/Columbia
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