venerdì 6 aprile 2012

Mark Stewart - The politics of envy (Recensione)

Mark Stewart - The politics of envy"Everything is illuminated, i'm not impressed by your decadence". Comincia così Mark Stewart, ex leader degli storici Pop Group, lui che a detta della critica ha dato origine al genere dell'industrial hip hop, se si pone che il suddetto genere abbia delle proprie forme. Tralasciando un discorso di generi la prima cosa che salta all'orecchio è che il nostro conosce gli artifici dell'elettronica moderna e sa modellarne dei brani catchy di facile memorizzazione ma non per questo poco interessanti, anzi, rispetto a molti altri prodotti questo si pone su una posizione di un certo rilievo. E' un disco lungo ma che scorre liscio, ricco di falsa sperimentalità tradotta in sprazzi da quasi dancefloor, con un tratto evidente di tocco british di derivazione novantiana, seppure qui si parla di un musicista molto completo che ha attraversato una grande varietà di generi. Rispetto ai lavori passati qui Stewart si attesta su un grado maggiormente tendente alla formula pop come si evince dal modo in cui affronta il songwriting. Forse la sua formula è troppo facile ma questo non è necessariamente un problema, è un disco per quando stai facendo altro, studiando, passando l'aspirapolvere o cose del genere...da Vanity kills passando per il singolo Autonomia fino a Codex e l'estemamente catchy Want, quasi fanciullesca, e poi fino in fondo con la riflessiva Letter to Hermione e la reprise di Autonomia in versione radio edit, dedicata al connazionale Carlo Giuliani, l'artista dà prova di avere una certa sapienza musicale unita ad un gusto per la reductio di forme che sarebbero potute essere espresse in dieci minuti per brano, e questo è molto positivo. Tuttavia la debolezza sta nell'estrema semplicità. Si tratta di uno di quei dischi che non ha in sè dei reali capolavori da tramandare ai posteri, non sarà sicuramente il lavoro che verrà ricordato come imprescindibile per la comprensione del suo modo di fare musica. Tutto sommato è un ascolto di tutto rispetto, ma che alla lunga stanca. Il secondo disco, seppur breve, solleva ulteriormente la situazione verso una maggiore sperimentazione, sempre mediata dall'idea catchy, ma che conferisce una ulteriore vena creativa ad un prodotto che, seppure summa di un modo di fare musica, non fa gridare al miracolo.

Voto: ◆◆◆
Label: Future Noise Music

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