Chi conosce la musica della cantautrice fiorentina Giulia Millanta sa e capisce cosa spinga dentro il cuore ad aspettare, non senza impazienza, ogni suo suono, pensiero e non da meno, disco, quella buona e sana “impanzata” di grazia e personalissima bellezza che una volta ascoltata ti apre, come in uno specchio e in una dolce tensione, una dimensione cantautorale che suggestiona al pari di uno sfondo di sogno da colorare a piacimento.
Dropping Down ci aveva pizzicato l’anima, ma ora con il nuovissimo “Dust and Desire”, sei inediti e due cover registrati quasi interamente live al “Church House Studio” di Austin in Texas, la Millanta incanta veramente con una amalgama di timbri e linguaggi “di frontiera”, mex-sausaliti, intimi e introspettivi, una discrezione cristallina che fonde ingredienti armoniosi e sapori tradizionali del cantautorato nostrano, ma in fondo la sua musica è terra di nessuno, debolezza e coraggio, veemenza e prosaicità tutta femminile con quelle stupende linee sinuose di poesia che confondono e ammaliano; il pensiero corre agli accenti folk che ogni tanto luccicano nelle canzoni, quelle porporine alla Sheryl Crow “Don’t make a fool of me”, Jenny Lewis “Floating cannonball” e quel magnifico azzardo di stop & go acustico di chitarra che bussa forte su “Dust and Desire” e sulle spalle di una Ani DiFranco, tutto quello che suona nel poi è un abbandono, un lasciarsi trasportare “dove ti porta il mood”.
Prodotto insieme a David Pulkingham (chitarrista già alla corte di REM, Marc Ribot, Springsteen) Dust and Desire è un disco di autorevolezza e fascino, un vero elemento trascinatore che incentra tutto il suo valore e non solo è anche l’omaggio alla terra messicana con la rielaborazione del traditional “La llorona”, la murder ballad “Little girl” e l’arpeggio field dell’immaginifica “Mi chiamavano Lulù”, un porzione di favola e una di realtà urbana che si infila nella testa con la sua dolcezza dinoccolata e timidona e non ti abbandona per un bel po; accompagnano l’artista Millanta, qua e la nel diametro del disco oltre appunto a Pulkingham alla chitarra classica ed elettrica Brian J. Standefer violoncello, Fulvio A.T. Renzi violino e Hector Munoz alle percussioni, ed a questo punto è impossibile sbagliare, se cercate una cosa che girando produce bella musica accattivante e sensuale, ficcate gli orecchi qui dentro e dimenticherete di tirarli fuori. E non potrebbe essere altrimenti.
Voto: ◆◆◆◆◇
Label: Ugly Cat Music
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