“Io abito nei boschi che credete ancora vostri, resto sempre ad osservare a chi non voglio somigliare.”
I Przewalski (ne parlammo già a suo tempo qui) sono un gruppo che dipinge la realtà senza badare al grado di sporco che offusca la vista, senza farsi schiavi di quella dicotomia cromatica che declassa il grigio a colore senza personalità. Ne esplorano le mille sfumature, ruvidi come la carta vetro e duri quanto una matita: un’anima di carbone che si spezza rivelando una fragilità quasi tenera. Fosse per me è un lavoro che svela le malinconie nascoste: grunge acustico e non, psichedelia, il prezioso contributo di archi e fiati, e la rabbia acida di un Beethoven bambino che distrugge il suo primo pianoforte. La cattiveria è edulcorata dalle fughe spazio temporali, dalle ombre tristi del corteo funebre che è il nostro essere e apparire. La voce di Luca Radaelli è quella di chi fuma troppo: abbaia e morde pure se necessario. Non c’è tecnica, ma solo il puro vibrare di corde vocali senza alcun controllo se non quello dell’emozione che fluisce libera, senza scalfire la dolcezza di alcuni momenti. La musica tocca apici di disperazione, disagio, rabbia.. ombre cristalline e vellutate che nuotano in un mare in tempesta, con lo sporco che si annida nei polmoni e la voglia di vivere che le tiene a galla fino all’ultimo secondo. Per scivolare, storditi, in un sonno senza sogni né desideri, sulle note di "Transumanza" o tagliarsi le vene con un frammento di specchio opaco come "Angie".
Questi dieci pezzi hanno una maturità acerba e quasi finta: l’apparente ricercatezza nasconde invece un animo in subbuglio che si rifugia nei paralogismi per scacciare tormenti ormonali. Fosse per me è una sorta di rito di passaggio, un excessus menti verso la scoperta di se stessi, un fuoco fatuo che brilla a seconda del terrore di chi lo osserva. Attendo con ansia il prossimo capitolo.
Voto: ◆◆◆◆◇
Label: Autoproduzione
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