Molte idee dirette, molti proclami contro e una “depilazione totale” sulla lingua, questi i carati dei romani Io Non Sono Bogte che incastonano nel loro debutto “La discografia è morta e io non vedevo l’ora”, un j’accuse in dieci tracce racchiuse non nel solito dischetto tondo ma in una scheda USB dalla forma di una vecchia musicassetta, e già questa “storta forma di presentazione” la dice lunga sulla loro verve e sulla loro incontenibile esigenza di spiattellare parole, verità, rospi per cambiare le cose, i fatti e le combustioni che pastrocchiano la società e più che mai il mondo della musica.
Se pensate che il corollario di nervi tesi che tirano spasimi e congiunture qui dentro non vi riguardi, si fa presto a dimostravi il contrario, la progettazione sonica ed intelligente prodotta da questi musicisti fa parte dell’oggi, del quotidiano, del minuto per minuto e cattura anche tutti quei dettagli di vita personale, fragilità e rotture di coglioni che nonostante tutto fanno tara e peso specifico nella sfera intima o condivisa: un torrente di parole per cercare di distruggere il vecchio mondo con la forza - non dell’istinto selvaggio – ma con la lungimiranza degli obiettivi e della concretezza, con la ragione dei nuovi sguardi e perché no, con una bella manciata di immaginazione, quella fantasia al potere tanto anelata nelle decadi della controcultura ribelle targata ’70.
Una teatralità sonante del teatro reale messa e spalmata su tracce che sanguinano “Io non sono Bogte”, le distonie elettriche che muggiscono deliri e consapevolezze atroci “La musica italiana & altre stragi”, “Il mercato nero delle ostie”, un tocco alla CCCP che torna da lontano “Margareth nella testa” che si apparenta simbolicamente con le testualità di un Carmelo Bene e le incursioni distorte Kuntziane “Sette anni di prudenza”, un mosaico sonoro grigio cenere che non sa cosa siano i punti deboli se non quelli che mette al bando nella prosaicità a lametta, percorsi schietti che fanno installazione d’arte alternativa rarissimi da sentire tra i trafficatissimi corridoi underground e che per la prima volta sconvolgono come si deve il mansueto e scoglionato sentire delle nuove proposte che non propongono niente.
Io Non Sono Bogte sono una ottima scoperta, un bel perverso progetto che dalla Roma etaerna arriva non più sugli obsoleti scaffali bensì dentro una chiavetta usb da 2GB per rivoluzionare un monopolio discografico allo sfacelo e per fa ritornare un minimo di coscienza “funzionale” a chi pensa ancora all’indietro, non sapendo che il passato occupa troppo spazio e pesa molto, enormemente.
Da intercettare ovunque.
Voto: ◆◆◆◆◆
Label: Labelpot Records
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