venerdì 21 dicembre 2012

Tre Allegri Ragazzi Morti - Nel giardino dei Fantasmi (Recensione)


Dai presupposti sanciti nelle anticipazioni sull’ultimo disco del gruppo di Pordenone, la peculiarità principale che capeggiava su tutti i proclami consisteva nella svolta “world” e “afro” dei Tre allegri Ragazzi Morti.

Già il singolo apripista “La fine del giorno (canto n°3)” – per inciso, la migliore e più etnica del lotto, seppur legata ai classici stilemi del gruppo - ne è un chiaro esempio, appesa per il collo da un handclapping ritmato dalle chitarre acustiche, e intagliata nel legno antico da un testo del tutto intimo ed esistenziale (“Non puoi più fingere che sia così/non dirmi che non l’hai ancora capito/anche il colore del cielo lo dice/si ricomincia da qui”).

Premesse valide, appunto, quasi esclusivamente per il primo singolo estratto da queste undici canzoni, e che fanno delle 10 restanti un compendio del tutto onesto della “testa indipendente” italiana per eccellenza.
Impossessata da un imperante anima squisitamente pop, “Nel giardino dei fantasmi” inanella melodie su melodie appiccicose e coinvolgenti, che mirano dritto all’essenziale di un orecchiabilità pulita e contagiosa, caratterizzandone il punto di forza di un disco pregevole e ben confezionato.
Dentro a questa scatola - come sempre impreziosita dai disegni di Toffolo, e dalle grafiche curate da Alessandro Baronciani - convivono tutte le coordinate classiche dei Ragazzi Morti, dalle tematiche eternamente adolescenziali di Toffolo (“I cacciatori”, sospesa tra nostalgie reggae, corde etniche e dolci melodie tinte di una nera e macabra visione poetica), passando per deludenti verità a nervi scoperti (“Bugiardo” contagiosa ballata sostenuta da chitarre, ukulele e testi disincantati), e il rock d’insostenibile leggerezza (la puberale “La via di casa”), fino a sfociare alla più bieca melodia in punta di reggae (“La mia vita senza te” tutta in levare di deludenti realtà sentimentali, la melodia reiterata di “E poi si canta” e i sentimenti di amore comune di “Alle anime perse”) e nelle torbide atmosfere di mamma Africa con “Il nuovo ordine”.

Di che cosa parla veramente una canzone?” ci chiedono loro, mettendo a nudo tutte le tematiche fin qui elencate, in soli 5 minuti e mezzo di marcetta pop.
Un universo sì imprevedibile, quello dei Tre Allegri Ragazzi Morti, ma sempre ben saldo ad un ideale pop di qualità e fattura elevata, che fa di “Nel giardino dei fantasmi” l’ennesima dolce e disincantata conferma di un gruppo che trascende le epoche musicali di questo paese martoriato.

Lunga vita ai Tre Allegri Ragazzi Morti.

Voto: ◆◆◆◇◇
Label: La Tempesta

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