La prima volta che sentii nominare i Crash of Rhinos fu nell'intervista che feci tempo fa ai Fine Before You Came nella quale venivano appellati prima come "i nostri amici inglesi" e in seguito come una delle band da tenere d'occhio. Ho fatto una grande cazzata, lo ammetto. Ho letto questa sorta di recensione su Legno e ora non so che diamine scrivere. Allora facciamo così: leggetevela così saprete tutto ciò che vi occorre della band (e molto più), mentre io, per una buona volta, me la prenderò comoda scrivendo solo quanto questo sia un grande disco o per usare termini "Jacopeschi" una cosiddetta "bomba del gatto". Vi riassumo comunque un po' di info. I CoR sono un quintetto inglese di Derby formatosi nel 2008 dall' esperienza di due band, i The Little Explorer e i The Jesus Years e the Removals. Quest'album esce per Triste in frì daunlò dopo quasi un anno e un attesa snervante da parte di molta gente. Ed ora ci siamo: è qui ed è scaricabile tramite il metodo radioheadiano del "pay what you want". Se non fossi così squattrinato e privo di pay pal almeno un paio di euri simbolici li avrei lasciati più che volentieri per questo bellissimo album. Drive Like Jeuh, Fugazi, Mineral ecc.. se vi piacciono queste band i CoR fanno più che al caso vostro. Furia e melodia si amalgamano perfettamente in un crogiolo di emozioni che attanagliano come una morsa. Riff hardcore, stacchi assassini, variazioni continue, arpeggi reiterati in modo ipnotico; un sound denso e ben strutturato nel quale si fanno largo le incursioni vocali di tutti e cinque i membri, a simboleggiare il cuore e la personalità di ogni singolo all'interno di questo disco. Questo album arriva diretto proprio per questo. Si riesce ad avvertire il volersi bene tra loro, il fare musica come esternazione dei propri sentimenti e non solo per un feedback oggettivo. Sette tracce, poche o tante che siano bastano e son tutte degne di nota. Se dovessi disgraziatamente sceglierne una su tutte di cui parlare con particolare enfasi, opterei (anch'io, ahimè, come qualcun'altro) per "Lifewood" manifesto o forse emblema pragmatico della musicalità di questo "Distal", messa lì in mezzo all'album come epicentro, fonte della scossa che portano nella loro carica questi rinoceronti. A ritroso però troviamo una bomba non indifferente (forse la mia preferita) "Wide Awake" tenuta tesa sin dall'intro nella ripetizione di arpeggi e riff e uno splendido giro di basso a fare da perfetto collante sonoro. Provate a immergervi nella marea chitarristica di "Gold on Red". Insomma fate vostro questo disco e non ve ne pentirete. Questo è quanto. E direte voi per fortuna che non sapevo cosa scrivere. Vi invito a leggere la rece di Legno per approfondire maggiormente come solo chi ha avuto "effusioni" vere nei camerini della band può. Non vorrei aver reso ambigua la situazione, ma l'invito era per mostravi cos'è realmente "l'ammore vero" nei confronti di una band e della musica.
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