domenica 2 ottobre 2011

Adam Frei – Empty Music Industry (Recensione)

Adam Frei – Empty Music IndustryLa band anglo-italiana degli Adam Frei, già conosciuti come The Afterglow, dopo una montagna di lavori alle spalle, decide di “arrotare un po’ i denti” e di aprirsi ad un rock leggermente spigoloso, analogico dal sangue british, ma la manovra rimane poco in bolla e per un istante “ ci si crede” per poi ricredersi – da parte dell’ascolto – che tutto è molto godibile, ma il “primo amore” per gli anni ottanta amici dei novanta non vuole assolutamente abbandonare il cuore uniforme del quartetto.

Empty Music Industry” è il nuovo frutto di questi ottimi mestieranti del tardo-wave e degli spiragli indie d’annata, dieci tracce che rimarcano a fondo gli anthems inossidabili di una formazione che, in dieci anni di carriera, continua ad inseguire il sogno eclettico e gonfio di imporsi clamorosamente alla grande attenzione e fare da benzina infiammabile su coordinate radiofoniche internazionali, ma il rimanere attratti dalle scie nobili che ancora danno segni di vita, Tears For Fears, Maniac Street Preachers, Smiths e momorabilia included, penalizza di un tot gli intenti, ma restano comunque godibilissimi frangenti per sperare ancora e per riempirsi i polmoni e materie grigie della loro musica imperiosa e alta come un volo d’aquila.

Un lavoro in controtendenza, un gioiellino che arriva in un mondo musicale dove tutti gonfiano i muscoli, ma gli AF suonano sempre con quella spigliatezza youngly, non mostrano con orgoglio le loro pancette da veterani delle scene alternative, il loro mestiere è firmato da una professionalità tremenda e lanciata oltre il sensazionalismo di un giro di giostra, appaiono non per scomparire, ma per restare tra le chicche che trasudano equilibrio.

Nelle loro parole passano istinti di ribellione alle molteplici angherie della società d’oggi, la falsità imperante e a tutte quelle ingiustizie che si impadroniscono di spazi dall’alba al tramonto; la rivoluzione innovativa è ancora ben lungi ad arrivare, ma il registrato mostra colori e melodia accattivanti, piene d’aria elettrica che si fanno credibili, istintivi nel riempire ricordi mai superficiali “Gossip”, il funkettone di chitarre infuocate che fa sbattere corpi e amori sulle vie mulatte di Detroit “To my son”, la marzialita di batteria alla PoliceSafe song”, il bel blues gattone “Freedom comes” e lo stupendo ending dai profumi dolciastri frikkettoni, ode piena di scirocco folk-cuntry “Universal mother”, l’arrivederci che bacia la salute che questo fighissimo disco made in Adam Frei porta in dote per tutti quelli che si tufferanno nelle sue misure effervescenti.

C’è sempre un modo per fare lifting ad una giornata nata male o controvoglia, uno di questi lo forniscono gli Adam Frei, veramente.

Voto: ◆◆◆
Label: Seahorse Recordins 2011


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