Damon Albran ha la bacchetta magica, in qualsiasi progetto si cimenti tutto prende una piega positiva. Non c'è stato album in cui lui abbia commesso passi falsi. Tutto sempre con lo spirito di un ragazzino che riesce a trovare meraviglioso aspetti della vita che molti artisti, ad un certo punto della loro carriera non riescono più di vedere per colpa dei loro paraocchi. È proprio questo che ha reso Damon Albarn un'artista degno di far farte della cerchia degli "intoccabili", oltre che in quella degli "elevati di spirito". Quest'album ne è un ulteriore dimostrazione, che non è la solita azione benefica in cui i vip si svegliano la mattina, si sentono delle merde e decidono di mettere mano al portafoglio per sentirsi con la coscienza a posto, no, qui si parte, si va in loco per diversi giorni e si cerca di produrre qualcosa di concreto e non solo un azione di facciata volta solo a far notizia e quinidi apparire di animo buono. Damon è uno di quelli a cui piace divertirsi rendendo la gente felice, tenendola impegnata in progetti come questo nella Repubblica Democratica del Congo, in cui hanno partecipato più di 50 musicisti congolesi. Quest'album è stato registrato a Kinshasa (capiale congolese), il cui ricavato sarà destinato interamente ad Oxfam, ma non ha il solo obiettivo benefico, ma di abbattere le barriere culturali che noi fottuti occidentali ci siamo costruiti con tanti "chi se ne frega" di tutto il resto del pianeta, soprattutto dei più poveri. Ma poi se si va ad ascoltare la musica che viene dal terzo mondo ci si trova molta allegria, ed allora è giusto chiedersi perché siamo così tanto attaccati alla ricchezza, perché invece non cerchiamo d'essere solo ricchi di spirito? È la prima cosa che si ascolta, si avverte quella positività a cui noi non siamo abituati, a partire dal terzo brano "African Space Anthem" o dalla quarta dal nome "Love", a cui noi italiani non potremmo far a meno di associarla - purtroppo - al bunga bunga. Ma torniamo per un attimo all'abbattimento delle barriere culturali, cosa potrebbe fondere la cultura congolese con quella britannica? In teoria sembra facile rispondere dopo aver ascoltato " Kinshasa One Two", quindi è ovvio che un ottima fusione c'è stata tra l'elettronica (tecnologia) con il groove (il ritmo) con l'uso di strumenti inusuali, cosa che gli africani hanno nel sangue. È in questo che Damon Albarn è stato geniale, perché viene fuori un progetto spontaneo, dall'incontro di mondi apparentemente opposti, ma che invece trovano un punto d'incontro comune, "il gioco" cioè sperimentare tutti assieme, creare qualcosa di nuovo, scevro da chiusure mentali, ed ecco venire fuori prepotentemente brani come "We Come From the Forset" oppure "Ah Congo".
Ascoltare quest'album è un modo per convincersi che in alcuni casi, dopo aver avuto la fortuna di ascoltare tanta, troppa musica in modo totalmente gratuito, trovare un bel lavoro con un bel progetto dietro ed un fine di tutto rispetto, forse è tornato il momento, per una volta almeno, di spendere dei soldi.
Voto: ◆◆◆◆◆
Label: Warp Records
Streetambula Music Festival
-
Giunge alla terza edizione l’evento musicale indipendente più importante di
tutta la Valle Peligna (AQ) organizzato dall’associazione culturale *Nuove
F...
9 anni fa
0 comments:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.