martedì 14 febbraio 2012

Bad Love Experience – Pacifico (Recensione)

Mettiamo il caso che una mattina vi svegliate con la luna storta, i motivi ora non sono importanti. Mettiamo anche il caso che siate un tantino musicopatici, afflitti cioè da una sorta di leggera psicopatologia per cui il vostro umore dipende in parte dalla possibilità di ascoltare della musica, buona musica. Insomma, una dipendenza. Ricorrere al vinile, al CD o ad una cartella di mp3 fa poca differenza, dipende da cosa avete da fare. Solitamente puntate sul sicuro, su qualcosa che già conoscete. Ed ecco l'imprevisto: la scelta cade su di un disco che non avete mai sentito ma è proprio ciò di cui avevate bisogno.

Questo è grossomodo quello che è successo al sottoscritto con "Pacifico", il nuovo album dei livornesi Bad Love Experience. Ora, si da il caso che conosca i ragazzi dai loro esordi ma abbia seguito il loro percorso musicale soltanto a distanza, salvo poi vederli dal vivo alcune volte e saggiarne le doti. Ricordo più di una volta di essermi detto che i Bad Love sono destinati al successo e non credo di essermi sbagliato più di tanto. Nel frattempo sono andati molto vicini ad aggiudicarsi il David di Donatello del 2010 per una loro canzone presente nella colonna sonora di "La Prima Cosa Bella" di Paolo Virzì. Da sempre impegnati in una rilettura personale del punk-rock e di certo rock'n'roll di marca british, il loro sound ha abbracciato negli anni anche il beat ed ora, che sono arrivati alla terza prova discografica uscendo per la Black Candy, la psichedelia ed il folk. Innegabile che i loro territori di riferimento siano soprattutto le umide lande di Sua Maestà la Regina di Inghilterra, che estende il suo dominio fino ad una porzione della verde Irlanda, isola da cui i Bad Love Experience attingono ulteriormente per arricchire la loro tavolozza cromatica. Certo, se cercate l'originalità a tutti i costi forse avete scelto il modo meno opportuno per approcciarvi a quest' album. Ma se pensate che a fare la differenza sia lo stile unito alla maturità artistica, allora siete sulla strada giusta.
L'intero disco sottende ad un'idea ben precisa di suono unita ad un lavoro capillare ma non ridondante sugli arrangiamenti. Risultati che si ottengono se, oltre alle buone idee, si ha la capacità di svilupparle nella giusta direzione in tutte le fasi di produzione. E così, un'impalcatura di rodati giri armonici è in grado di sostenere architetture accattivanti, come per la ballata That County Road ed il folk-surf di Devil In Town.
Le melodie, poi, sono uno dei punti forti di "Pacifico"; nella storiella introduttiva, il musicopatico ha cominciato sin da subito ad avvertire gli effetti della cura lasciandosi trascinare dalle prime due parti di The Kids Have Lost the War, fino a non poterne fare a meno per giorni. Si, perchè certe canzoni hanno il sapore di un riscatto gioioso che trascende le differenze generazionali, una voglia di affrancamento che non ha nulla a che fare con la prevaricazione, come se una storia ne potesse comprendere mille altre e queste altre mille lo sapessero ed ora stessero facendo il tifo per quella soltanto.
E mi fermo citando Dawn Ode, piccolo gioiellino suadente dalle suggestioni psichedeliche che i quattro livornesi hanno scelto per il loro videoclip di lancio.
Davvero un bel disco; è inutile cercare dei giri di parole per convincervi di questo, perchè saranno le vostre orecchie a marcare le eventuali differenze.
Forse "Pacifico" non vi aprià le porte su nuovi mondi, ma quantomeno vi aiuterà ad apprezzare di più quello in cui state vivendo.
Ah, a proposito: la mia giornata è andata comunque da schifo, ma almeno ho avuto un'occasione.
Have I lost the war, kids?

Voto: ◆◆◆
Label: Black Candy

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