Si aspettavano al varco gli inglesi Field Music, si stavano braccando in quanto il loro valore musicale è ottimo ma sempre sul filo di lana divisorio tra underground e grande scena, sempre fermi sul quel limbo come se aspettassero passare la circolare per il centro che poi non arriva mai, ma quello che il fresco “Plumb” ci consegna, è una band con una splendida circolazione d’idee, una buona texiture di tradizione inglese mista che batte chiodo alla corte di Brian Ferry, Peter Gabriel, Il Duca bianco, Kinks, Beatles, dunque non si capisce il perché di questa “attesa” a bordo campo, ma ancora una volta diamo tempo al tempo. Quello che si va ad ascoltare è una performance di gruppo buona, velata d’anni Ottanta ottimisti, elettronica garbata e quel rock da filodiffusione, mai oltre le righe e di compagnia, che fa accennare piccoli passi di danza e tira su un po’ lo spirito dopo una giornata di scazzi e battibecchi; quando uscì il doppio Measure, si gridava ad un disco con troppi collegamenti d’orchestrazione, grasso d’arrangiamenti, ma forse non si era allenati al sound della band, ora con questo disco le opinioni si mettono in bolla, ci si capacita delle direzioni intraprese e lo si lascia scorrere gioviale com’è. I fratelli Brewis forse avrebbero bisogno di una produzione che esalti di più le loro propaggini sonore prog-pop, che li metta in uno stato di allargare il raggio d’azione delle loro canzoni verso nuovi parterre d’ascolto, ma a parte questi “tatticismi” dai quali è meglio porsi a lato, rimangono queste buone ventidue tracce – alla faccia della morigeratezza – che dopo aver illuminato in apertura un’aurea impercettibile del Prince glam “Let’s write a book”, vanno a speziare il loro feeling con il Baronetto McCartney “Prelude to pilgrim street”, spalleggiano il sempre sorridente Wilson dei Beach Boys su “Ce Soir, From Hide and seek to heartache”, scalano ottimi falsetti e ricami armonici “A new town”, “(I keep thinking about) a new thing” per contornarsi di quel filino kraut rock che mette all’aria nuvolette di sinth non male “Choosing sides”. Tutto è pronto per il big jump, i fratelli Brewis sono pezzi giovani della musica che non muore e che resistono nonostante questa “circolare” che non vuole passare e che non lo ha fatto fino adesso; l’entusiasmo e la classe abitano qui, di tutto il resto ce ne freghiamo.
Voto: ◆◆◆◆◇
Label: Memphis Industries 2012
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