lunedì 27 febbraio 2012

Modì – Il suicidio della formica (Recensione)

Modì – Il suicidio della formicaUna nuova e bella scheggia volante questa dè “Il suicidio della formica”, esordio del cantautore calabrese – ma oramai cittadino della capitale – Giuseppe Chimenti in arte Modì, un’altra “fiaba” di penna che arriva per spiegare ulteriormente quello che il cantautorato d’ultima genìa può dare all’arte delle parole musicate, a quel teatro dell’espressione che si prende le sue responsabilità circa la formazione di un nuovo modo di ascoltare e di penetrare il racconto proprio, di chi specialmente disegna una parallela perfetta tra chi tende l’orecchio e chi lo fa volare in ogni dimensione.

Otto tracce più la rivisitazione in italiano di “Ballad of big nothing” di Elliot Smith, una spina dorsale sonora che immagina, cresce e appassiona come attraverso vetri o prismi che si rifanno in luce chiaroscura, rivivendo intatta l’atmosfera che l’artista dirige in una rotta per chissà dove, dentro e fuori l’alto ed il basso di storie amare, agrodolci e leggermente velate da malinconia; un disco che fa piacere assoluto se ascoltato ripiegati su un divano e con la luce soffusa, piano piano fino a diventare del suo colore autunnale, raggomitolati tra le sue cornici espressive e cullati dalla parola di Modì, che emana sicurezza e torpore, un libro aperto ma intimo da sfogliare con calma e a cuore divaricato.

Un paesaggio di belle canzoni, una dolcissima e accorata intensità di languori, tormenti e labbra strette che si animano di poesia come il goniometro alla stregua del compasso che rivivono spesso nei pezzi di Moltheni Preferisco il silenzio”, oppure la consapevolezza del vuoto che ci circonda colorato da armonica e fumi jazzly “Persistenza della memoria”, le domande senza risposte “Gli anni chiusi in tasca”, lo ieri appannato “Carnevale”, gli accordi aperti di un volo “L’amore ci brucerà” e l’amarezza profonda che nella titletrack si fa pozzanghera con i cerchi fatti da un tiro di sassi mai tirati; la forza di questo nuovo cantautore è quella della semplicità e della convinzione che i poeti sono proprio quelle strane creature che un De Gregori d’antan declamava, ma non perché ogni volta che parlano è una truffa, ma perché ogni volta che tornano sui luoghi dei loro “delitti”, ci uccidono con l’unica arma che piace che ci uccidano, con l’amore dei loro inchiostri virtuali.

Voto: ◆◆◆
Label: Hydra Music


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