Snodano una lingua tra il tenero e lo sfacciato, suonano evanescenti e scoppiano in lapilli, formano un punto di partenza tra chiccherie acustiche e sequenze amplificate, hanno la leggerezza fluttuante di un aquilone e la sospensione umida atmosferica di venti litri di pioggia, tutti contorni che intontiscono di bellezza surreale. Si chiamano Anelli Soli, Luca e Marco Anello ora con Antonio Stella e “Malomodo” è il loro svenire sonoro volatile, il disco che finalmente ci rapisce via e mette un salutare “incomprensibile” tra noi ed il mondo fotocopia che ci trattiene ogni giorno.
Folk strattonato, poetica picaresca, lacerazioni teatrali off e miracolistiche indie-funamboliche attraversano queste undici tracce che dischiudono dolcezze e resoconti sconfinati, una distanza impressionante da quello che siamo – per la verità mai abituati - a sentire da cose sonanti provenienti dal sottobosco dell’emergenza, una forma sformata di canzone tra i vortici imperturbabili ed alchemici di una creatività pienissima che la Sicilia continua a partorire a raffica, in uno “sbarco” sonoro senza pari e di splendore naif; il popolo indie-folk isoscele andrà in brodo di giuggiole nel sentire questa bell’orbita colorata, questo biglietto da visita per il “mondo particolare” degli Anelli Soli che setacciano come alieni le coralità scordate e ubriache del folk alla Gong “Youppi du per bambole (Oh papà), il thrillerrock che seghetta “Santaresa”, una taranta che giura di spaccare il culo a tanti “La classica scena in cui muoio”o la drunken-ballad sulle onde e i cavalloni sixsteen “Come Ernesto l’ombra”.
Con la forte attitudine di un Vittorio Cane o del Pan del Diavolo, gli Anelli Soli sono una scoperta che segnerà di molto il terreno alternativo, sono surreali ed intensi, storti il giusto e gioielli esaltati di verve psicotica, il loro mondo risuona di feroci anticipazioni sotto il tendone delle nuove proposte e queste tracce danno l’ebbrezza di un sogno/incubo che si materializza in arte fresca, giovane e baldanzosamente Barnum “Viaggio intorno al suo cranio”, tesa nelle corde murder-acustiche “Canzone per persone buone” o persa nella dolcezza corale senza fondo, alla Devics, che “Il cane stanco” rilascia come un saluto amarognolo a piè tracklist.
Riduciamo i tempi e diciamocela tutta, i siculi Anelli Soli sanno perfettamente dove colpire diabolicamente l’ascolto e questo disco lo potremmo giudicare o complementare, o scandalosamente bello o solo rimbombante, ed è appunto qui che il suo animo “grande” sta nell’essere, in ogni momento, le tre cose insieme.
Voto: ◆◆◆◆◆
Label: Seahorse Recordings
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