Dino Fumaretto/ Elia Billoni, misteriosa entità una e bina, ventriloquo e pupazzo insieme, rinuncia al suo felicissimo isolamento bipolare e pubblica un disco che suona come una riuscita evoluzione rispetto ai precedenti lavori. Mixato da due terzi degli Hobocombo - Francesca Baccolini e Rocco Marchi (Mariposa) - e arricchito dai contributi strumentali di Nicola Cappelletti, Enrico Giovagnola e Federico Minciarelli.
"Sono invecchiato di colpo" supera il minimalismo voce-piano del Fumaretto antecedente. Violini, sax, percussioni, chitarra acustica, basso e persino l’armamentario elettronico di Iosonouncane, ospite vociante nella title track: Elia Billoni non se ne sta più solo soletto a smanettare sulla tastiera a mo' di piovra impazzita, e tira fuori dal cappello arrangiamenti in perfetto stile Trovarobato.
Nei testi c’è sempre lui, il Fumaretto delirante, casalingo, agorafobico; né cambia il piglio esasperato e dissacrante che stride in modo surreale con l’impostazione grave e conservatoristica dei brani. Elia Billoni è un eccentrico maître da tre stelle Michelin. Ti fa strada sul tappeto rosso fino al tavolo imbandito con calici preziosi e posate oro zecchino, e ti invita a prender posto sulla sedia scostata dal desco per te, l’ospite d’onore. Tu stai lì, bello gasato, a goderti tutta quella sontuosità, e mentre fai per sederti non ti accorgi che Fumaretto ti sfila lo scranno da sotto le terga mandandoti col culo per terra.
Chi ricorda All is Dream (2001), LP di tronfissimo pop-rock sinfonico dei Mercury Rev...? "Sono invecchiato di colpo" ne è una riuscita parodia – sebbene inconsapevole, a detta del signor Billoni, espressamente interrogato sulla questione. Sempre per te che hai memoria del disco dei Mercury Rev, dai un ascolto veloce a Chains per rinfrescarti le orecchie, e poi a Film dell'orrore di Fumaretto: dal ridondante concept album incentrato sul tema solenne della realtà come sogno - ispirato allo shakespeariano “we are such stuff as dreams are made on” pronunciato dall'anziano mago Prospero sul finire di The Tempest – all'antieroe fumarettiano, ingabbiato nei suoi incubi in pigiama col cinghiale sullo stomaco (...mangiato troppo?).
È tutto un gioco di visioni stralunate che prendono in contropiede in un vortice confuso di realtà e percezione distorta: l’enigma e i mostri moltiplicatisi all’interno di un frigorifero-coscienza serrato e incustodito da tempo («Cosa c'è nel frigo io lo so:/ c'è tutto quello che non ho saputo elaborare,/ [...] il selvaggio mutamento dei miei mondi andati a male», Cosa c’è nel frigo), le frenesie folli in cui cercare rifugio da certo insostenibile caos emotivo («Guido alla giornata con la mente spostata/ e vi giuro, faccio miracoli, /riesco a evitare collusioni di sospiri, di singhiozzi, di sguardi», Mente spostata), il tempo in 3/4 che chiude il cerchio del disco, ritornando al titolo dello stesso: «Vivo in questa struttura, /una specie di ospizio per matti,/ ma io non sono pazzo./ Sono solo invecchiato di colpo».
Un album disturbante e adorabile insieme; un ossimoro che destabilizza. Da ascoltare con la Xamamina a portata di mano.
Voto: ◆◆◆◆◇
Label: Trovarobato
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