Il ritorno in scena di Andy LaPlegua è uno degli eventi più attesi e seguiti all’interno della moderna musica industriale. Eclettico musicista ma anche follower delle mode musicali e amplificatore delle stesse, con i suoi progetti desta molto interesse, che alle volte si rivelano interessanti, altre volte sono buchi nell’acqua. In particolar modo la parabola dei Combichrist è una di quelle che oggi rappresentano un punto di riferimento per un certo harsh, ma che in passato, così come nel presente, come si evince dall’ascolto di questo lavoro, ha attraversato e attraversa i suoi confini.
LaPlegua è per il post-industrial neo-harsh un po quello che i Run DMC sono stati per l’hip hop. I commercializzatori, coloro che hanno saputo produrre musica qualitativamente elevata e sfruttare le mode del momento. E quest’ultima è quella della stesura di colonne sonore per videogiochi. In questo caso si parla del nuovo episodio di Devil May Cry, un videogioco che ha fatto largo uso di colonne sonore heavy metal e affini, di conseguenza questo lavoro sarà necessariamente un punto di sperimentazione, una nuova rotta da seguire. L’inizio del primo brano, "Age of mutation", è molto spiazzante. L’ascoltatore, compreso il sottoscritto, non conoscendo il gioco e le sue colonne sonore, si appresta ad ascoltare qualcosa che si è pensato vicino al genere originario proposto dal combo così come i FLA hanno fatto con Airmech poco tempo fa. Il primo pensiero è Un disco metalcore? Sì, è un disco metalcore, all’incirca. Questo circa serve a spiegare che la classificazione non è così frettolosa. Il metal è sicuramente un elemento preponderante ma non è tutto, tuttavia la direzione è una. E così, tra atmosfere industrial-metal e tastiere di alto livello, incapsulate in un contesto di screaming e di growling sorretto da strutture hardcore, i norvegesi ci concedono una piacevole sorpresa inaspettata, un disco abbastanza notevole, che scorre bene senza particolari intoppi, che è un po una rilettura più metallica di certi lavori dei Ministry, che scava nella matrice industriale americana generata da Al Jourgensen e soci.
Musicalmente i brani sono abbastanza semplici e allo stesso tempo complessi, pieni di esempi e di soluzioni che talvolta riconducono all’ambient, tal’altra al post-industrial, sottolieando l’heavy che sta alla base. Una grande prova questa di LaPlegua che si distacca dagli stilemi più commerciali dei suoi ultimi lavori e che spacca in due il pubblico. C’è chi ha già inneggiato all’allontanamento dal purismo harsh, e questo è piuttosto da apprezzare, ben venga la sperimentazione se utilizzata in modo intelligente. D’altronde stiamo parlando di personalità che sono già avvezze a certe sonorità, che hanno sempre sconfinato, o che semplicemente sanno cogliere le mode.
E’ un disco alla moda? Non ha molta importanza, perlomeno è diversamente interessante. E merita più di un ascolto. Vedremo cosa succederà in futuro, sperando che questo non sia un fuoco di paglia dettato, come altri hanno affermato, dalle volontà dei produttori del videogioco.
Voto: ◆◆◆◆◇
Label: Out of line
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