Per riassumere in una semplice frase questi “racconti di guerra” narrati da Luca Righi, si potrebbe candidamente utilizzare il titolo del tributo che i CSI confezionarono ad arte in onore di Beppe Fenoglio: “La terra, la guerra, una questione privata”.
Threelakes è appunto, come già anticipato sopra, il moniker dietro cui Luca Righi si cela dal 2011, anno di pubblicazione del suo primo EP solista intitolato Four Days.
Per l’esordio sulla lunga distanza, il cantautore mantovano è spalleggiato dai Flatland Eagles, una folta schiera di amici e musicisti che annovera tra le proprie fila Andrea Sologni (qui anche e soprattutto manipolatore in cabina di regia di War Tales, registrato nell’Igloo Audio Factory), Capra dei Gazebo Penguins e Francesca Amati dei Comaneci ai cori, Emanuele Reverberi dei Giardini di Mirò agli archi e fiati, Luciano Ermondi dei Tempelhof alla lap steel, più Paolo Polacchini dei Three In One Gentleman Suit che lo accompagnerà anche nel suo tour.
Una guerra, questa, combattuta nel quotidiano, in cui storie di ordinaria e catastrofica routine si legano tramite un sottile filo ai campi di battaglia veri e propri. Lotte interiori che per empatia diventano comuni.
Attraverso una rilettura personale e mai filologica della tradizione folk d'oltreoceano, da Hank Williams (qui tributato nel pezzo !The Lonesome Death of Mr Hank Williams", che strizza occhio e orecchio alle costruzioni intime, ma allo stesso tempo corali, di Bon Iver), fino alle espressioni odierne di Will Oldham e tutta la schiera di “new folkers” americani, la formula di Three Lakes risulta sincera e priva di orpelli.
Sostenuto da una base strumentale solida, compatta e levigata a mestiere, il particolare timbro vocale di Luca Righi è così libero di narrare in lingua anglofona (perfettamente, e non è un particolare da poco), le piccole vittorie e le grandi sconfitte della vita, in maniera del tutto matura e a tratti davvero toccante (“Rose” sospesa in una malinconia insostenibile). Nelle dieci tracce di War Tales è dunque racchiuso il piccolo universo intimo della vita, che tramite questo disco si fa irrimediabilmente universale, tra passaggi tragici dello sbarco in Normandia ("D-Day") e piccoli abbandoni famigliari ("The Day My Father Cried").
Un disco italiano che non ha (fortunatamente) nulla di italiano.
Voto: ◆◆◆◆◇
Etichetta: Upupa Produzioni
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