A volte la cover di un disco non c'entra niente col contenuto, altre riesce invece ad essere azzeccatissima. E' il secondo caso quello che vale per i Maybe Happy, che avvolti in delle variopinte coperte osservano l'obiettivo immersi nella natura incontaminata: un'immagine malinconica, che evoca il freddo dell'autunno e la voglia di scaldarsi, forse un desiderio di protezione più in generale. E questi sentimenti li evoca anche la loro musica, difficile da catalogare nella sua algida raffinatezza fatta di chitarre carezzevoli pronte qua e là ad esplodere di riverberi post-punk e di minimali inserti elettronici.
“Morning” e “Breath Coughts”
in realtà lasciano solo sottintendere l'uggiosità delle giornate
autunnali, dimostrandosi l'una in maniera lievemente agitata e
l'altra in modo soffuso i punti più solari del disco assieme alla
conclusiva “Slow”, etereo brano dai ritmi pacati ma pieni di
grazia. La parte centrale del disco, subito dopo lo spartiacque
nervoso ma efficace solo a tratti di “Difference”, si permea in
ordine sparso delle strofe scarnificate di “Dog”, capace di
progredire pian piano verso un finale a base di incroci chitarristici
dal grande valore emozionale, dei ritornelli inquieti di “Uncertain
Way”, degli stop and go lievemente forzati di “Walk And Come And
Go” (omaggiata da un inserto di flauto decisamente azzeccato) e
della freddezza quasi asettica di “So Far So Wrong”, scaldata
appena dai riff riverberatissimi della chitarra. Il cuore del disco
si fa freddo dunque, e non sempre è un bene: pur lodando le delicate
geometrie fra gli strumenti su cui si basano le strutture dei brani
la sensazione è che manchi un po' di emotività, e non sempre il
validissimo lavoro chitarristico (a tratti volutamente e
graziosamente quasi dissonante) riesce a mettere una pezza a questa
mancanza.
Beat Even è un disco a cui va
dato del tempo, non potete ascoltarlo mentre guardate la televisione,
mentre leggete o vi fate i cazzi vostri in qualunque altra maniera
possibile ed immaginabile. Solo così potrete entrarci in comunione,
farvi affascinare dalle sue atmosfere vagamente nostalgiche ed ogni
tanto, anche, rabbrividire per la sua apparente freddezza e distanza:
tanto alla fine spunta sempre il sole, e se anche quello di “Slow”
vi parrà quello che tramonta dalla finestra della vostra camera
piuttosto che quello che illumina i fotomodelli sulla terrazza nella
pubblicità della Beck's Next (nessun redattore è stato pagato per
questo inserto pubblicitario) non significa che scaldi meno. Per il
futuro però, cari e bravi Maybe Happy, più coperte e meno nebbia.
Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Upupa/Fooltribe
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