Devo dire che le premesse che
scaturivano dalla cartella stampa di questo Abruzzo Invented Punk mi
hanno incuriosito. Dalla nomea di cantautore sci-fi/folkpunk
dell'autore Antonello Recanatini alla promessa di testi maturi e
intellettualmente rilevanti mi sono messo all'ascolto dell'album con
buone aspettative. Perlopiù, ahimè, non confermate.
Nonostante il titolo Abruzzo
Invented Punk è un disco esclusivamente folk. Non è questo un male
sia chiaro, anche perchè per i primi brani si cambia registro spesso
e volentieri passando dalle suggestioni di frontiera, acuite dai
fiati, della title track alla calma riflessiva e crepuscolare di “Old
Synthax”, aggiungendo anche una voce femminile efficace solo a
tratti in un paio di brani (meglio in “Glinting” che nella fiacca
“Miriam”). Pian piano però le invenzioni stilistiche scompaiono,
e che il ritmo si faccia un po' più sostenuto in “Geodesia”
rispetto al resto non basta a risollevare l'attenzione. Cerco quindi
di spostarla sul fronte dei testi, e qui le cose vanno un po' meglio:
pur non ritrovando in maniera così roboante la “critica al potere
prestabilito ed alla sua capacità di allineare l'individuo”
annunciatami non si può non dare a Cesare quel che è di Cesare.
Antonello rimane perlopiù nel
solco dell'amore, comunicando l'incomunicabilità (perdonatemi la
ripetizione) acuita dai moderni mezzi di comunicazione come nella
title track, mostrando tragiche storie di assuefazione e reclusione
in cui le colpe ricadono anche sugli istituti volti ad aiutare i
protagonisti della storia (“Broadway 39”) e prendendo a prestito
Kerouac in “Old Buddy”. E' la solitudine a fare da altro tema
ricorrente, a volte lenita da qualcuno al nostro fianco a volte
acuita dalla sua assenza, ma il fatto che nella conclusiva “The
Fall Of The Central Galaxy” (proposta anche in una non troppo
dissimile versione remixata) le strofe iniziali recitino “Are
leaving the planet my thoughts/ lifting drones of quasars and velvet
lights/ testifying the past/ lost thru the mass all loves” lascia
poco alla speranza che fra i due sentimenti citati sia il primo a
risultare vincitore.
Una bilancia quindi abbastanza in
parità quella di questo AIP, che va a pesare però dalle parte delle
mancanze a causa di un cantato non all'altezza: se il disco non
decolla infatti molto lo si deve ad una prova poco emozionale dello
stesso Recanatini, che mantiene un registro monotono per tutta la
durata dell'ascolto e cadendo anche in qualche passo falso qua e là.
Un difetto non da poco quando tutto si appoggia quasi esclusivamente
su chitarra e voce, e che inficia anche l'atmosfera ricreata nei
brani più coinvolgenti. Apprezzo l'onestà ed il sentimento che
scaturiscono dai dodici brani (più remix) qui raccolti ma Antonello
Recanatini riesce a farli apprezzare più con la penna che con le
note, e non tutti temo saranno abbastanza anglofili per poter
apprezzare la sua scrittura...io per primo se non avessi avuto la
possibilità di leggere i testi.
Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Nova Feedback Records
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