L’impatto del doppio Deathconsciousness, quasi un concept sull’esasperazione emotiva
decodificata attraverso una rete di simboli religiosi, è precedente
ingombrante per The
Unnatural World: la mastodontica opera
prima grava minacciosa da una distanza di sei anni, risucchiando da subito il
nuovo incubo sonoro nel suo pozzo estetico di distorsioni oceaniche, densità
impalpabili e soffocanti coltri sonore.
L’afflato monastico irrompe con
stanco ma solenne incedere in "Guggenheim Wax", i cui controcanti intrecciati sono sovrastati da una nebbia di
riverberi siderali; l’impenetrabilità del suono crea un magma insostenibile che
avvince morboso, sciogliendosi in una scia di sfinimento. "Defenestration
Song" è il primo dei picchi nervosi che
puntellano il disco come dardi di un martirio, con chitarre glaciali e
percussioni bidimensionali degne dei Sisters of Mercy di "Some Girls
Wander by Mistake"; la nevrosi si replica
dopo qualche brano in "Unholy Llife",
che esordisce secondo una wave minimalista e deflagra poi in un’entropia
sconfitta.
La sostanza del lavoro è tuttavia
un logoramento dilatato, in cui scenari onirici si deformano in lucida
desolazione, solo adombrando innocenza e scrutando all’orizzonte i segnali di
un’epicità potenzialmente scintillante. "Burial Society" ammanta le nenie melodiche dei Current 93 di una
patina d’ombra e residui metallici, disperdendosi nei minuti in una climax di
disperazione cosciente; la stratificazione di voci e disturbi sonori in "Music
Will Unntune the Sky" genera un canto
liturgico straziante, mentre i minuti iniziali di "Cropsey" preludono a un lontano tuonare percussivo, che
trascina il flusso materico delle distorsioni deliranti. Il presagio
dell’arcano domina "Dan &Tim, Reunited by Fate", litania meccanica che sembra arrestare il tempo
nella sua circolarità, prima di suggellare l’opera con l’imitazione dell’eterno
di "Emptyness Will Eat the Witch":
note ecclesiali sommesse privano le ritualità dei Death in June di qualsiasi
piglio caparbio, innalzando un’invocazione abbattuta di voci che si propagano
prima di spegnersi sul pianoforte, come astri morenti all’alba.
L’opera del duo statunitense
rivela che complessità intellettuale e non convenzionalità sonora operano
meglio se celate, dietro le quinte di un paesaggio interiore esposto con
disarmante evidenza; l’efficacia di un disco in quanto prodotto artistico
risiede principalmente nel potere di trascinare in un’atmosfera mentale ed
emotiva definita, senza dare scampo sino all’estinguersi delle ultime note.
Voto: ◆◆◆◆◆
Label: The Flenser/Enemies List
0 comments:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.