lunedì 24 febbraio 2014

Vonneuman - Il De' Blues (Recensione)

Non è un disco normale Il De' Blues dei Vonneumann, né un disco per tutti. E' difficile descriverlo, quindi in mancanza di punti d'appoggio farò del mio meglio per rendere le cose ancora più incasinate. Vi racconterò una storia in musica, che nulla c'azzecca ma che sulle note di questi sette pezzi potrebbe benissimo essere narrata.

Scorrono i titoli di testa, su una musica vagamente jazzata che scorre flessuosa come gli accordi del piano e le note del basso: batteria e fiati non ci stanno, e mentre le immagini in bianco e nero mostrano il traffico di abitanti ed auto di una grossa città, giustificando la schizofrenia degli strumenti, una mano fa capolino dal lato dello schermo. Una lettera stretta fra le dita, una porta che si apre, la calma regna sovrana nella penombra del club in cui una figura dimessa beve da sola: prende la lettera, la apre mentre stringe fra le labbra una sigaretta, solo dei rumori di sottofondo disturbano il momento. La ripone e si alza, e mentre si allontana dal bancone la chitarra si fa sempre più invasiva finchè il ritmo non si impenna per fermarsi subito dopo. L'uomo è uscito dal locale (“Pensiero Di Katioks”).

Accordi secchi di chitarra e tempi dispari. E' tempo di passare all'azione. L'uomo ha un incarico, e bisogna trovare chi ha le informazioni che cerca. Lo seguiamo da vicino mentre cammina per vicoli sporchi e popolati da feccia di ogni tipo, inquieti (noi, non lui) come la musica che lo accompagna, finchè non entra in una lavanderia a gettoni. Fila subito sul retro, fra le inutili proteste di un asiatico: non è lui che cerca, non è lui che può dargli le risposte. I quattro uomini nell'ufficio sul retro forse sì, e per poco gli occhi si incrociano sull'apparente calma creata da vagheggiamenti batteristici e inserti elettronici. Uno fa una mossa sbagliata e l'uomo lo rimette al suo posto in men che non si dica, un polso che si torce in maniera dolorosa mentre la sua bocca si muove per chiedere ciò che gli serve: ottiene le sue risposte, l'esplosione di violenza che c'aspettavamo è stata meno traumatica di quanto quel polso girato, accompagnato nuovamente dal giro di chitarra acido sempre uguale e sempre diverso da sé stesso, lasciasse presagire. Fuori ha cominciato a piovere, l'uomo non ha un ombrello ma l'impermeabile ed il cappello a tesa larga lo proteggono quanto basta: si alza il bavero e s'incammina, una tromba triste accompagna i suoi primi passi ma basso e chitarra tornano a farsi cupi...come a presagire nuovi scontri (“Blackèmon”).

Penombra. Un sipario che pian piano si alza. Un'orchestrina in un angolo suona una musica triste, aleggia un'atmosfera di frontiera acuita dai fiati, il tutto mentre una ballerina viene illuminata dalle luci: l'uomo la guarda dalla prima fila, il subbuglio dei suoi pensieri non è evidenziato da movimenti della sua faccia impassibile ma dall'improvviso scatenarsi di fiati e batteria mentre tutto in scena resta immoto. I movimenti di lei sono lenti e sinuosi, calmano la mente, ma la donna sa essere tentatrice: quando inizia a scatenarsi, provocante ma non volgare, la batteria accompagna tribalmente la sua danza senza che basso e chitarra debbano scatenarsi in distorsioni per accentuare un cambiamento d'atmosfera di per sé già evidente. Ma sul più bello lei si ritrae, il sipario cala su una musica di nuovo malinconica fra trombe, violini e arpeggi di chitarra. L'uomo si alza, guarda verso la porta che dà accesso al retro, ma la tentazione non vince: esce nella notte buia mentre la musica sfuma velocemente verso il silenzio (“Un Bel Morover Per Braun”).

Una scrivania illuminata da una piccola luce, l'uomo è chino su alcuni documenti. Bottiglia di whisky al suo fianco, un arpeggio di chitarra scarno e ballonzolante ad evidenziare la confusione dei suoi pensieri. I suoi ragionamenti su questo caso hanno raggiunto una dimensione più che ansiosa? (Cit.) Dal modo in cui sfoglia quelle carte con movimenti sempre più nervosi sembrerebbe di sì, la verità è lì dentro da qualche parte e forse un bicchierino aiuterà a capirci qualcosa, piccola pausa anche per gli strumenti che si rincorrono ed intersecano nervosi. Ma è solo un attimo, le immagini sono quasi cacofoniche nell'inquadrare l'uomo, le carte, le mani, la bottiglia, la soluzione è vicinavicinavicina ed arriva, un lampo improvviso dopo un crescendo vigoroso. L'uomo chiude gli occhi un attimo, spossato, si alza per andare a farsi una doccia e lavar via la stanchezza ed i postumi del whisky mentre inserti elettronici liquidi ed un basso incalzante accompagnano l'acqua che scende. L'occhio aperto e deciso dell'uomo è l'ultima cosa che vediamo prima che la musica si tronchi all'improvviso. Buio in sala, fine primo tempo (“Stabilo Bimmago”).

La macchina è in movimento. Ne seguiamo lenti gli spostamenti con un'inquadratura dall'interno dell'abitacolo, il piano gli archi e rade note di chitarra a delineare il flusso: è un'impressione illusoria, la batteria entra nervosa e gli intrecci chitarristici ci portano a velocità ben maggiore a seguire traiettorie di cui capiamo poco, paesaggi sempre meno cittadini e sempre più spogli. Gli strumenti sembrano calmarsi mentre vediamo in lontananza un ranch, qualche secondo prima che l'uomo si getti con la sua macchina contro il cancello ed entri deciso, uno scontro a fuoco con alcuni sgherri che non sembrano in grado di poterlo impensierire...tanto che la musica tiene un incedere non troppo potente. Ma basta un attimo a ribaltare tutto, il capo del gruppo salta improvvisamente fuori puntando una pistola alla nuca dell'uomo: la musica rallenta, quasi malinconica, i due uomini si conoscono ed è un peccato che debba andare a finire così, anche se prima della fine almeno altre risposte cominciano ad arrivare. Pian piano che le parole aprono la mente del nostro uomo tanto più si crea in lui la consapevolezza di poterla sfangare, lo vediamo guardare con la coda dell'occhio l'avversario per carpirne un segnale di distrazione, e quando arriva non esita a battagliare corpo a corpo con lui, evitando il primo colpo di pistola. Questa è una lotta serrata, le distorsioni amplificano la tensione e basso e batteria incalzano fino a che uno solo dei due uomini si rialza da terra: il nostro uomo ha un'ultima domanda, e prima di morire l'altro gli dà la risposta. La faccia del vivo sbianca più di quella del moribondo, la batteria si blocca su quest'immagine (“Il Tapping Che Fu”).

Una piccola villetta, un giardino ben curato. L'uomo la osserva fumando una sigaretta, lo sguardo dolente non è più quello tutto d'un pezzo che ci siamo abituati a vedere, la tromba si fa carico delle sue ferite e la batteria della confusione caotica dei suoi pensieri. Quando il basso inizia a dettare il ritmo lui esce dalla macchina, si avvia alla porta della casa e c'è lei ad accoglierlo: la ballerina ha addosso solo una vestaglia, è un attimo prima che il caos degli strumenti accompagni i primi rabbiosi baci fra i due. C'è solo un attimo di calma, quando lei si toglie sensuale i pochi indumenti che ha addosso, poi a letto i loro movimenti si fanno più sensuali e quasi sofferenti, come se qualcosa aleggiasse fra loro, la sensazione forse che questa sarà l'ultimo incontro. Mentre il loro amplesso si esaurisce i fiati danno fondo alle ultime energie in accordi stridenti e dolenti (“Doppio Nativo, Mezzo Nogarole”).

Sono ancora entrambi a letto. Lui guarda il soffitto, le mani appoggiate dietro la nuca, lei fuma languida una sigaretta, sempre elegante anche in quei semplici movimenti. Mentre il basso comincia a sciorinare le sue note incalzanti lui inizia a parlare, non la guarda direttamente ma le parole sono rivolte a lei, lo si vede da come smette improvvisamente di fumare: inizia distaccato ma la sua faccia non riesce a rimanere inespressiva, è un fiume di dolore che si placa solo quando smette di parla...e solo allora si volta verso di lei, sconvolta. Si ricompone, gli strumenti le danno il tempo necessario per farlo e all'improvviso emette una risata: il suo sguardo ora ha una certa ferocia e l'assolo di chitarra evidenzia le sue parole che sono coltellate sarcastiche. Spiega all'uomo, in un incedere sempre più incalzante, il suo ruolo in tutta la vicenda, i buchi mancanti della storia, il modo in cui lo ha usato per arrivare i suoi scopi senza che lui sospettasse niente. Ora è lui ad essere sgomento, ma la sensualità di quella figura femminile prorompe ancora: lei si fa languida, chitarre e batteria dettano un ritmo da danza mentre lei si destreggia nel cercare di portare l'uomo dalla sua parte...perchè farsi la guerra quando possono avere tutto? Ma il basso, con accordi distorti che non lasciano presagire niente di buono, accompagna la telecamera verso la mano dell'uomo prima nascosta alla nostra vista...che cosa farà con la pistola che ora stringe in pugno? (“Napqueen”)

Capito qualcosa? Non era comunque facile descrivere la musica dei Vonneumann...dire che fanno un incrocio fra math rock e jazz vi sarebbe più utile? Che le strutture sono assolutamente fuori da ogni logica a cui siete abituati, lasciando comunque l'impressione che uno schema c'è e non poteva che essere quello? Non posso darvi tutte le informazioni, forse neanche loro possono: ascoltatelo e createvi la vostra storia in musica, come ho fatto io.

Voto: ◆◆◆
Label: Retroazione





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