Si parte e si torna alle rovine.
Come quelle che fanno bella mostra di sé nella cover dell'album,
consapevoli che la verità ce la dobbiamo cercare lì in mezzo, senza
averne paura mentre andiamo incontro alla fine. E' un percorso
studiato quello dei Vintage Violence, che in 13 schegge veloci (quasi
esclusivamente sotto i 3 minuti di durata) ci portano a spasso per le
rovine del nostro paese, dipingendolo con sarcasmo ed intelligenza. E
poesia, perchè no.
Non poesia altolocata però. I
testi di Rocco Arienti sono ancora più piacevoli perchè ci fanno
sentire eroici nella sconfitta, con quel piccolo barlume di speranza
che si vede là in fondo e che ci fa andare avanti. Passando inverni
a sigarette e Joy Division, “cantando canzoni per chi muore, come
una bomba fatta esplodere nel sole”: la voce di Nico, ne “I
Funerali”, ti invita a seguirla in quel canto, finchè non lascia
spazio ad una marcetta funebre energica e da pelle d'oca,
accompagnata dal sax di Enrico Gabrielli. Ci invitano ad essere
neopagani e neodecadentisti fino in fondo, “perchè nel tramonto è
il sol dell'avvenire” (“Neopaganesimo”), outsider come i non
frequentanti di cui cantano nell'omonima canzone, condannati a file
sul treno prima di farle fuori dall'Adecco perchè “la mobilità
sociale è per chi non ne avrà bisogno”. Piccole istantanee di un
disco in cui poche parole sono messe in modo sbagliato, e i suoni non
sono da meno. I cambi di ritmo convulsi dell'iniziale “Primo
Ostacolo”, in cui si apprezza in modo particolare la batteria
tarantolata di Beniamino Cefalù, la carica quasi punk mischiata ad
un finale da orchestra di liscio dello sfogo “S.I.A.E”, la forma
contorta e mutevole di “Metereopatia”: i Vintage Violence sono il
gruppo rock che ti aspetti che fa cose che non ti aspetti, non hanno
sonorità così fuori dall'ordinario ma il loro suono è comunque
riconoscibilissimo, a volte divagano troppo (“Capiscimi” si apre
con tecnicismi male amalgamati col resto e si chiude in maniera poco
efficace, la strumentale “Il Mare” coinvolge solo a tratti) o
cadono in qualche stereotipo (“Abbronzarsi Il Culo”,
sull'apparente inutilità di fare musica senza venderselo), ma ne
escono comunque a testa rigorosamente alta.
Senza Paura Delle Rovine è un
album per tutti: ha il potenziale per piacere a chi cerca qualcosa
che sia d'impatto e ti si stampi in testa velocemente, come a chi
cerca qualcosa di non banale e arrangiato con gusto. Un piccolo
miracolo, ancora meglio di quei Piccoli Intrattenimenti Musicali con
cui mi avevano stupito un paio d'anni fa all'incirca. Ho solo un
rimpianto ascoltandolo: non vorrei che il miglior disco dell'anno me
lo sia già bruciato a gennaio.
Voto: ◆◆◆◆◆
Label: Maninalto
Label: Maninalto
0 comments:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.