Era il 2011 quando mi imbattei nei La Blanche Alchimie, duo che rappresentava la controprova che i figli
d'arte possono essere all'altezza dei padri: oltre al
polistrumentista Federico Albanese il progetto si reggeva infatti
sulla voce (ed il piano) di Jessica Einaudi, figlia del famoso
pianista amato particolarmente da quelli che odiano Giovanni
Allevi... o almeno io l'ho vista sempre così. Un album intenso ed
intimo, con pochi elementi ma ben assortiti. Con un colpo a sorpresa
anni dopo Federico e Jessica decidono di cambiare nome e di assoldare
un batterista/percussionista, nella fattispecie Joe Smith, per varare
con questi 4 pezzi il progetto J Moon. Un piccolo antipasto in
previsione di un album che non dovrebbe essere troppo lontano, ma
cosa è cambiato in questi tre anni?
Il mood dell'intera produzione è
simile a quanto già esplorato con l'album Galactic Boredom, ma per
quanto gli elementi in gioco siano sempre pochi e calibrati con
dovizia si nota un'apertura ad un gusto pop più accessibile.
L'apertura con “Poison” è da questo punto di vista emblematica,
con basso e chitarra che mantengono lo stesso ipnotico giro per tutti
i 4 minuti di durata lasciando la scena perlopiù alla voce di
Jessica: una scelta vincente a conti fatti, anche quando l'atmosfera
si fa più rarefatta e sono i vocalizzi il metro espressivo
principale usato. Lo stesso stratagemma della ripetizione di un unico
leitmotiv sonoro viene replicato nella successiva “Among The
Walls”, dalle suggestioni più fiabesche ma a cui l'aggiunta di un
semplice arpeggio di chitarra nei ritornelli dona un'aura vagamente
malinconica.
“Hidden Garden”, canzone che
dà il titolo all'ep, si presenta ancora più scarna, appoggiandosi
perlopiù al duo chitarra acustica-voce, con percussioni e synth in
sottofondo a donare un po' di calore ad un brano il cui mood
rilassato non fa breccia come nei brani precedenti. Un piccolo passo
falso recuperato con la conclusiva “With You”, in cui la voce si
appoggia oniricamente su rade note di piano e su pochi elementi di
batteria mentre vagheggiamenti elettronici danno quel pizzico di
psichedelia che non guasta.
Jessica e Federico rimangono sé
stessi pur condendo di elementi nuovi la propria musica: se La
Blanche Alchimie, almeno nell'evoluzione presa nel secondo album, era
un progetto perlopiù intimista (esclusi esempi come la title track
“Galactic Boredom” e “Cellar Disco Club”) qui il focus si
sposta lievemente su toni più solari ed accessibili, con brani che
non stonerebbero nell'airplay radiofonico...ammesso di avere gente
abbastanza illuminata da accorgersi di progetti simili. Un po' poco
per giudicare l'intero progetto però questi 4 brani, che pur
diversificati fra di loro a livello d'atmosfera condividono spesso
una struttura ridotta all'osso che, nel caso della title track, stufa
col passare degli ascolti. Aspettiamo nuove mosse, probabilmente a
breve.
Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Autoproduzione
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