Ci
avevano lasciato due anni fa con lo sguardo rivolto “al di là della periferia”,
in attesa di trovarci un universo magari infernale, che a quanto pare era lì pronto
ad accoglierli.
Nello
specifico, i The Suricates hanno cercato e trovato la complicità di Antonio
Dragonetti (fotografo e scrittore), che in questo loro ultimo lavoro ha messo
parole, immagini e anima.
Un connubio, il loro, che dura già da un po’. Anime che non solo si incontrano, ma che si scelgono per dar vita a un qualcosa che a tutti i costi deve crescere e venir fuori, non per la fama, ma per la fame.
Fame, voglia, brama di mostrare quanto di bello e carnale ci sia in quella parte grottesca di universo ancora sconosciuta ai molti.
E così, parola dopo parola, grotta dopo grotta, scatto dopo scatto, questo sodalizio ha dato vita a “Storie di Poveri Mostri”.
Un album tanto oscuro quanto chiaro, pieno di immagini musicate, intriso di sensazioni che non impiegano molto ad impossessarsi del destinatario.
E’
facile dunque, in questo concept album, sentir crescere la rabbia delle vittime
e dei carnefici, attraverso la carnale voce di Alessandro Cicchitti e a un
tempo, scorgere il loro soffocamento che pian piano si rivela grazie alla
musica lontana, dissolta, a volte riempitiva.
L’ascoltatore precipita così in un limbo dal quale difficilmente saprà venir
fuori.
Sette
brani, sette racconti o forse storie, che hanno di sicuro bisogno di attenzione
per essere ben intese e “recitate”. Un rosario al contrario insomma, sul quale
è bene soffermarsi a riflettere.
Tracce adagiate su musiche che si dilatano dal
post-rock al genere orchestrale, che partono con quella che sembra essere la
più cruda delle storie, ma quella che ha in sé la struttura più ricca di
ornamenti. Cosi tra arpeggi, trilli e tremolii viene concepita “La passione di un
Piccolo Cristo”, del quale assistiamo la crocifissione e la sua liberatoria corsa finale che
viene amplificata dalla chiusura ritmata in perfetta armonia con l’intro assai
più leggera.
Grano
dopo grano, arriviamo al mistero delle “Streghe”, alla traccia che non segue
nessuna linea, se non quella dell’istinto di urlare la rabbia di tre sorelle divenute
carnefici. E la musica non può fare altro che seguire le mosse incontrollate
delle protagoniste, inserendosi tra sussurri e grida.
Seguono
“La Madre” e “La Processione”, amore e passione. Dolcezza e bellezza che hanno
dalla loro composizioni musicali che fanno capire quanto i The Suricates siano
cresciuti in questi anni. Melodie che riescono ad equilibrarsi, musica che riesce
a riempire. Insomma, ogni cosa è al suo posto in questo nuovo universo.
A
chiudere, come è giusto che sia, la liberazione. “L'Esorcismo” ultima traccia,
ultimo grano. Voce soave su musiche che danno la sensazione di essere proprio
nell’attimo in cui avviene l’alleggerimento dell’anima.
Processo
quest’ultimo, possibile solo dopo l’ascolto dell’intero album, dopo la visione
delle foto e dopo aver capito come in questo progetto nulla arrivi per caso.
“Le
foto completano i racconti.
Foto
e testi ispirano la musica.
La
musica sostiene entrambi.”
(Antonio Dragonetti)Label : Autoprodotto
Voto: ◆◆◆◆◇
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