Cesare
Basile è il miglior canta(storie)utore che abbiamo in Italia.
Ha
inciso un nuovo capolavoro.
Compratelo,
ascoltatelo, fatelo ascoltare, raccomandatelo, fatelo acquistare, divoratelo,
fatevi permeare dalla sua bellezza.
Punto.
5
stelle e recensione terminata.
Basterebbero
queste poche parole.
Troppo
semplice?
Lo
avevamo lasciato a tener a bada il diavolo con le sue sette pietre, alle prese
con l’occupazione del Teatro Coppola durante la quale è nato l’omonimo album
ed ora lo ritroviamo con un’opera in 11 atti, in cui canta, con il suo sguardo visionario e le sue parole acute e taglienti come al solito, del presente e delle sue brutture, partendo dal passato e proiettandolo sul futuro.
Un
album intriso ancora dalla “sicilianità” di Cesare e non solo perchè in gran
parte “recitato” in vernacolo, ma, e soprattutto, per i personaggi, le storie,
i riferimenti cantati.
Ed
ecco allora proprio in apertura, l’omaggio a uno dei più grandi cantori isolani, quell’Orazio Strano (Araziu Stranu) che a sua volta aveva portato in
giro le storie di Turi Giuliano; più in là, c’è la dedica ai “pupari” F.lli Napoli con lo sbilenco blues waitsiano di Manianti.
Anche
per tenere a bada il diavolo, qualche anno fa, aveva offerto un omaggio ad
insigni corregionali (Ignazio Buttitta e Rosa Balestreri).
Le
radici, le radici…
Le
parole e le musiche, che coniugano la sua sferzante poesia con il fantasma di Andrè e le
atmosfere tra Capossella e Waits, ma, e non poteva essere diverso, profondamente "Basileane", narrano di “buttani” che danno l’assoluzione
con i propri peccati a “buttanieri” (Franchina) al ritmo di una sagra di paese,
di connivenze (Tu prenditi l’amore che vuoi) “La carrozza del
senato, si trascina coi ruffiani, sulle lapide lisciate, dal baciamoci le mani”, di Jacob che si fa ladro “piuttosto che essere derubato” (Filastrocca di Jacob
Il Ladro).
A
circa metà strada il Maestro lascia il microfono a Rita ”Lilith” Oberti in “La
Vostra Misera Cambiale”, “colpevole per l’usura che inizia un uomo
alla rapina”.
Usura
che torna ancora in “Libertà mi schifo se alleva miseria” chè “è la pace a
usura per la guerra che arriva”.
C’è
ancora spazio per la “solare” filastrocca di “Ciuri”, contro tirannia e potere
“Fiore, fiore di gramigna, la tirannia calca i talloni, miele di fichi secchi,
l’abuso e il potere strigliano ed abbattono”, il ricordo della nonna che “aveva ragione! La
Muscatedda ….è buona, è questa vita che ci strazia il cuore!” (“A Muscatedda” è
il nome locale della prima vigna che si vendemmia nella Val di Noto, varietà
autoctona a bacca bianca del territorio - ndr) e con “U chiamanu Travagghiu”,
una nenia commovente e minimale la cui dolcezza stride con il tema e le parole,
come al solito, dure e dirette di Cesare “Lo chiamano lavoro, cercarsi un
padrone…lo chiamano lavoro, intrecciare la frusta che cuce la tua camicia e
aizza la paura, lo chiamano lavoro dono e dovere, dono che succhia l’anima, dovere
vile”.
Si
chiude con “Di Quali Notti” in cui si canta di torri alzate al cielo ed antenne
che ammorbano il cielo (ricorda qualcosa? Magari qualcosa che sta molto a cuore
all’autore) “Alzano torri, con legno di forca, per amministrare fortune,
impestano il cielo, con antenne e bandiere, fanno di terra galera, hanno una
vita, per tutti e per nessuno”.
Un
brano che è la vera sorpresa e che si candida ad essere il punto più alto dell’intera
opera, diviso in 2 parti e nella seconda delle quali si può assistere al
miracolo dell’apparizione di un geyser di fianco all’Etna…
Disco
amaro e bellissimo, dolce e duro, come sempre, una raccolta, insomma, con il
timbro di Cesare Basile che, per presentare questa sua ultima opera (già da ora
nella mia playlist di fine anno) sarà in giro a Marzo insieme a I Caminanti (Rodrigo D’Erasmo, Enrico Gabrielli, Massimo
Ferrarotto, Luca Recchia e Simona Norato ai quali si unirà Manuel Agnelli per un paio di date al Nord)..
E
allora quando, come faceva Orazio, il Maestro verrà a bussare alla vostra porta, insieme ad essa aprite il cuore ed ascoltate la sua “strina”.
Voto: ◆◆◆◆◆
Label: Urtovox/Audioglobe
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