sabato 28 gennaio 2012

Cloud Nothings - Attack On Memory (Recensione)

Cloud Nothings - Attack On MemorySiamo nel 2012 eppure sembra il 1994. Almeno a giudicare dall’ascolto del secondo disco dei "nerd" per eccellenza Cloud Nothings. Melodie semplici, attacchi isterici e vagonate di malessere esistenziale sparate a velocità sostenuta, quanto basta per creare un disco che ha (e avrebbe avuto) tutte le carte in regola per essere annoverato tra gli esempi più lineari del rock indi(e)pendente di matrice americana ai tempi d’oro. In cabina di regia c’è un uomo occhialuto dal ciuffo strano che risponde al nome di Steve Albini. In giro dicono che come riesce lui a far suonare potenti e secchi gli strumenti, nessuno mai. Ha un tocco tutto suo, e lo infonde in ogni disco che produce. No, non stiamo parlando di In Utero, ma le affinità temporali e stilistiche sono presenti e pesanti, ed una manciata di canzoni che oscillano fra nenie tormentate (l’iniziale “No Future/No Past” corredata di angosciante video in calce) e rantoli ossessivi (“No Sentiment”) ne sono tributi dai confini labili del plagio. Non solo Nirvana, ma i Cloud Nothings fanno parte di quella schiera di band lo-fi (No Age, l’ultimo Wavves, e chi più ne ha più ne metta) che pescano a mani basse dai tempi in cui l’indie-rock era fiorente e soprattutto ancora detentore del proprio significato semantico. Senza girarci tanto intorno, “Attack On Memory” è un disco nostalgico, fatto da nostalgici per nostalgici, con cui Simon Reynolds potrebbe crogiolarsi alla grande. Si perché tutto, a partire dalla copertina fino al produttore, si rifà ad una tradizione tanto vecchia (sembra ieri, ma gli anni ‘80/’90 erano più di vent’anni fa) quanto fedele all’originale, quasi si trattasse di un recupero filologico. Se tra recto e verso di “Attack On Memory” cercate qualche nuovo afflato, vi state sbagliando di grosso. Nulla è più fedele e (ri)calcato dell’angst secca e potente a metà strada tra Husker Du e Pixies, di batterie prepotenti e veloci che rincorrono chitarre secche ed una voce a metà strada tra la noia e la depressione (o forse è meglio definirla apatia). Al di là di rimandi e giochini pedanti da storiografi rock da strapazzo, “Attack On Memory” rimane comunque un disco onesto, che riesce a tira fuori vortici (auto)distruttivi (la lunga cavalcata sonica “Attack On Memory”) o scorribande nostalgiche (ops, l’ho fatto di nuovo) dall’innegabile piglio trascinante (la finale “Cut You” coperta da una sottile rugiada wave). Come cantava il buon Pezzali, “Attack On Memory” è il “ricordo che mi bussa”, e se volete aprire non abbiate timore di gettarvi nella “Retromania” deliziosa di questo disco. Tanto la vita rimarrà comunque la noia di sempre.

Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Carpark

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