martedì 8 febbraio 2011

ManzOni - S.t. (Recensione)

manzoni cover album ManzOniOdio i paragoni, profondamente. E tantomeno mi appassionano le etichette, sopratutto quelle buttate lì, in modo gratuito. Quando ho iniziato a gironzolare per il web a caccia di informazioni su Gianni Tenca e soci il riferimento a quest'ultimo come padre ideale di Vasco Brondi è venuto fuori in più di un'occasione: intendiamoci, se preso da una certa prospettiva un parallelo del genere potrebbe anche essere stimolante ma spesso la superficialità dei commenti e dei giudizi livella, fin quasi a ucciderle, anche le riflessioni più intelligenti. Stesso discorso per il cartellinno da appiccicare in modo aprioristico su una band: quella malsana necessità che purtroppo ci prende sempre più spesso e altrettanto frequentemente ci spinge sul baratro del giudizio sommario. Ciò si può dire invece è che i ManzOni scelgono di battere un persorso fatto di espressioni ed esperienze artistiche ben codificate, da parte di band riconosciutissime e riconoscibilissime, ma a cui il quintetto di Chioggia apporta la propria personalità anche dovendo declinare le prospettive a disposizione in un numero di combinazioni limitate; ed è proprio quando sono più co-stretti che talento e creatività danno il meglio. È indubbio, poi, che a questo particolare tipo di modalità espressiva corrisponda un'intensità esponenziale su almeno due fronti: quello dello spessore (qualcosa di fisico, quasi come lo si potesse toccare) dei testi che si richiamano una dimensione molto intima ma sempre sono capaci di suscitare una forte identificazione con chi ascolta (anche e sopratutto per vie traverse); e conseguentemente quello dell'interpretazione, per ovvi motivi condizionata direttamente dalla variabile di cui sopra.
A dispetto della formazione multi chitarristica niente muri di suono, tutt'altro; ci troviamo di fronte a soluzioni sonore cercate e trovate tutte nell'idea della sottrazione come metodo, procedura. Il silenzio e il non-suono occupano un posto essenziale nella gerarchia degli elementi costitutivi delle canzoni: in Scappi il suono sembra quasi quello di un carillon distorto e ipnotico, su cui va ad innestarsi la capacità del testo di scatenare la consapevolezza della forza rivelatrice di un ricordo legato alle immancabili "piccole cose".




"Tu Sai" è invece il brano dove più è nitido l'intento ritmico della chitarra, appaiata alla voce, lasciando così i due elementi a rincorrersi su piste parallele. Fino ad arrivare a "E scrivo..." che trasuda rammarico aspro come un limone, livido di quel viola marcio dei colpi ricevuti dalla vita, in cui le parole sono accompagnate da un sottofondo di chitarra sgrattugiante.
Concluso l'ascolto mi è rimasta un'idea in testa ben assestata tra gli altri pensieri: la rabbia può ben essere nascosta, dissimulata, fino a trasformarsi in una vibrazione a bassa intesità ma continua.


Label: Garrincha Dischi

Voto: ◆ ◆ ◆ ◆ ◇

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