I tempi cambiano, i grandi nomi restano. La creatura Haujobb, progetto dell'eclettico e poliedrico musicista nordeuropeo Daniel Myer, mente di molti altri progetti, il più importante Architect di elettronica sperimentale e IDM. Ciò che è più importante è l'attenzione che il lavoro ha destato nei fan di vecchia data, legati ai primi lavori come Homes and gardens, Freeze frame reality e Solutions for a small planet, considerando che Haujobb, termine preso in prestito a Blade Runner di Ridley Scott che sta ad indicare la figura del replicante, è stato sospeso per anni e che l'ultima uscita ufficiale, quel disco di remix di Vertical Theory era datato 2005. All'ascolto di questo disco la nostra attesa viene ripagata abbastanza abbondantemente, seppure non si possa definirlo all'unanimità un capolavoro alla stregua dei suoi primi dischi. Il sound di Myer si presenta come un'electro-industrial molto ricercato e complesso dal punto di vista compositivo. A differenza della gran parte degli artisti del genere degli anni '90 (ma in modo ancora maggiore di quelli del post-2000), il nostro non è un semplice cantore ma un grande sperimentatore elettronico che in questo lavoro non urla, non distorce la propria voce, ma canta normalmente, e questa è una caratteristica esterna al genere, nel quale la voce appare sempre molto distorta. In particolar modo questo lavoro si pone tra il synth pop più oscuro, l'elettronica sperimentale e l'electro-industrial di fondo, creando qualcosa di molto eterogeneo e interessante. Non si tratta di un lavoro facile nè banale e siamo sicuri che, così come il vino, col passare degli anni verrà accresciuto di valore, sebbene il suo pubblico rimanga sempre quello degli aficionados. Se la proposta è meno estrema e più ricercata, tuttavia la scena, specialmente quando si sperimenta in questo modo, si restringe ulteriormente, ma questo a Myer non importa. In questo disco non c'è nulla di lontanamente commerciale, anche se le strutture vocali sono semplici e facilmente memorizzabili. La musica, la ricerca nell'elettronica, fa tutto il resto. E' difficile parlare di alcuni brani in particolare perchè sarebbe molto difficile analizzarli. Ciò che emerge sin dall'opener Closer è un senso di caos oscuro reso in forma canzone, è la colonna sonora per la discesa nel nostro abisso personale, nella nostra più profonda interiorità, nell'introspezione. Non è un disco per tutti i momenti. Haujobb è una creatura, è un androide, è freddo e post-industriale, rappresenta la notte e l'ultima spiagga della distopia postmoderna realizzata in musica dai Throbbing Gristle e dalla prima ondata della "Industrial music for Industrial people", oggi si ripropone in maniera molto diversa e per certi versi anacronistica ma rappresenta ancora parzialmente la nostra condizione, la paura del futuro che diventa accettazione, l'iperrealtà che diventa lucida osservazione di un presente soggetto ad un continuo e rapidissimo mutamento. Il messaggio è sempre quello, la riflessione sulla condizione dell'uomo che cambia in una società che è sempre più de-spazializzata e technology-oriented, ma rispetto agli esordi è più rassegnata, Myer non urla più perchè è diventato un narratore più che un ribelle. Lo spirito del '77 che premeva sulle prime ondate ha lasciato il posto alla narrazione, una narrazione più sconvolgente, ma che rimane pur sempre tale. In definitiva un must have.
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