La storia di Any Other comincia
con uno scioglimento, quello delle Lovecats
per la precisione. Dopo un ep il duo formato da Cecilia ed Adele “implode”,
lasciando quest’ultima ancora vogliosa di fare musica: imbracciata la chitarra
acustica e trovati in Erica e Marco nuovi sodali nasce così Silently, Quietly, Going Away, ovvero il
disco d’esordio del nuovo progetto di una ragazza appena ventunenne. Di sicuro
non una che perde tempo.
La grinta della giovane età si
riscontra tutta nei dieci brani che compongono l’album, soprattutto in quella
voce che si fa saltuariamente nervosa ed isterica (vedasi alcune parti della
delicata Teenage e la parte finale di
Sonnet #4), ma ciò che stupisce,
vista la giovane età, è che le influenze riscontrabili in lungo e in largo nell’album
rimandano agli anni 90 di gruppi come Dinosaur
Jr e Modest Mouse, con un
utilizzo efficace di sonorità acustiche sovrapposte ad una base rock grintosa
ma sempre attenta alla melodia. Apripista dell’album, nonché primo singolo (con
un video che ricorda simpaticamente le torture inflitte a The Edge in Numb), Something riassume al suo interno tutto
ciò che di buono riesce a costruire il trio: buon ritmo, melodia orecchiabile
che entra subito in testa ed un cantato che, alternando momenti melodici ad
altri quasi parlati nelle strofe, si fa spesso valore aggiunto. Non sempre è
così, ma dove non arriva la voce sono le intuizioni musicali a metterci una pezza,
come capita in una Gladly Farewell in
cui la strofa piacevolmente zoppicante pareggia dei ritornelli dove la voce di
Adele sembra un po’ indecisa, prima che un finale roccioso chiuda degnamente la
canzone. Fra i momenti migliori vanno messi sicuramente Roger Roger Commander, tanto delicata nelle strofe (graziate da un
piacevole giro di basso) quanto progressivamente incalzante nei ritornelli, e Sonnet #4, una ballata delicata che
cresce d’intensità fino alle urla isteriche di un’Adele che ci mette un attimo
a ritornare calma, quasi spossata, sussurando “but now you’re here and I feel
confortable”. A posteriori sarebbe stata la chiusura ideale di un disco che
piazza invece con To The Kino Again
un finale più dilatato ma che non convince del tutto, così come stona un po’ il
finale strumentale e quasi irrisolto di Blue
Moon. Ascoltando bene, nonostante sonorità che rendono il disco di un’apprezzabile
coesione, si nota un andamento lievemente discontinuo come ispirazione: se a His Era e 5.47 PM si può imputare uno sviluppo fin troppo basilare (con la
seconda elevata però da un finale distorto e da un approccio ritmato che mi ha
ricordato in qualcosa l’indiefolk dei Pocket
Chestnut più scatenati) non si può chiudere gli occhi di fronte alla
maniera intelligente con cui 365 Days
muta la sua natura di canzoncina poppeggiante ammorbidendosi in un finale più
dilatato, o al modo in cui Teenage
passa con naturalezza dalla scarna melodia iniziale alla cadenzata e vocalmente
nervosa seconda parte.
Se c’è un difetto principale da
trovare in un buon disco come questo è che quanto ha di meglio da dire lo dice
subito. Something è infatti la migliore
pubblicità possibile per gli Any Other, ma seppur tutt’altro che privo di brani
efficaci il resto dell’album fatica a trovare melodie che ti si piantano in
testa alla stessa maniera della traccia d’apertura. Molti spunti interessanti e
qualche piccola stonatura ne fanno un disco piacevole e niente affatto banale,
ma le potenzialità per fare di meglio ci sono tutte: per questo mi tengo un
mezzo voto da parte, sulla fiducia, per il seguito.
Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Bello Records
Label: Bello Records
0 comments:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.