martedì 3 aprile 2012

VeneziA – La Culla (Recensione)

VeneziA – La CullaUno di quei dischi che vi si appiccicheranno addosso come carta moschicida, uno di quei condensati squinternati e bluesy che paiono arrivare dal pianeta Papalla e che rimangono a girare ore ed ore senza che nessuno – per via di quell’originalità che tengono dentro – vuole zittire o mettere a riposo. Loro sono i VeneziA, siciliani puro sangue e con le piastrine e globuli “nigger” come la pece, e “La Culla” è il loro esordio piroettante e acido come uno yogurt andato a male, dieci tracce sulle coordinate Blues, punk, ballonzolamenti boogies, alcool a go-go e anime vendute al Diavolo, passando per l’America dei bassifondi della Big Apple via Palermo/Sciacca e – per affondare il coltello nella “piaga” – stupendamente unte, malate delle tumefazioni messianiche del Dr. John, Tom Waits e per amor di patria anche nutrite con le insolenze vocali di Capossela, praticamente una piccola Treccani sonora che guarda, vede e suona il mondo dal traverso e dallo sghimbescio.

Uno di quei dischi che piacciono da impazzire subito, per quel felice contendere informalità e creatività, per quella forza centrifuga che si fa in otto e che porta a viaggiare tra emozioni, nuove trame underground che si fanno avanti e simpatia a stampo che – gia altri predecessori di stile- tra tutti ma con le debite distanze Samuel Katarro e il Pan del Diavolo, hanno messo a contrasto nelle nuove proposte stilistiche o di rielaborazione; è come andare in giro a caccia di nuovi “tambureggiamenti sonori” tra le falde di un mondo magnifico e pieno di quelle tribalità stregate, tra galline da sgozzare, Macumbe e pupazzi di marzapane.

Riverberi di sinth, batteria bastonata, la bizzarra voce da vecchia strega rauca del cantante, armonica sbavata e tutto un panorama di sfighe, illusioni, paranoie, boogie e malesseri di vita, alienazioni ed il cucuzzaro della malasorte, sono parte integrante ed intrigante di questa tracklist che scalpita anarchia sonora da tutti i lati, con l’effetto Hammond che fa tanto Procol HarumDolce è la sera”, dietro il ritmo di un alieno Buscaglione del MississippiTroppo tardi”, in compagnia al blues da piangere dopo una sbronza colossale “Whiskey Harp (Part 1)” ed il riprendersi con aria fresca “Whiskey Harp (Part 2) “, il deliro paranoico di una preghiera atea “Mondo di consumi” e la sciarada finale sullo stile “occhio malocchio” che saluta tra uno stomp-march e urletti punkyes l’ascolto di questo bel disco, prima di smorzarsi all’improvviso come un fulmine a ciel sereno “Cenere e fumo”.

I risultai sono ottimi, il vantaggio di uno straordinario ascolto primario immenso e aver presenziato al registro espressivo di una band che non s’incontra tutti i giorni è stupore conclamato, ora cosa rimane dei siciliani VeneziA? La Culla di una fresca trasgressione che avanza e che già fa vittime sulle strade blu “tricolori”.

Delirantemente cool.

Voto: ◆◆◆
Label: 800A Records


1 comments:

Anonimo ha detto...

cazzo! sembrano fighi

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