martedì 11 dicembre 2012

Soundgarden - King Animal (Recensione)

Certi gruppi puoi perderli di vista, magari non ascoltarli per un bel po', ma se hanno significato tanto non li dimentichi. I Soundgarden li ascolto ormai a spizzichi e bocconi nonostante adori molti dei loro album, Badmotorfinger su tutti, e il ricordo di quanto c'ero rimasto male alla notizia del loro scioglimento (appresa da un trafiletto su tv sorrisi e canzoni, pensa te) è ancora vivido nella mia mente. Poi di musica ne è passata sotto i ponti, son passati 12 anni e tanti altri gruppi che ho adorato si sono sciolti, alcuni si sono anche riformati e la moda delle reunion è diventata una pestilenza che spesso ha distrutto tanti bei ricordi. Ho esultato quindi al ritorno in attività di Cornell e soci, la mia band preferita dell'adolescenza? Poco, perchè il buon Chris suonava merda da anni, di Thayil e Sheperd si erano perse le tracce e Cameron, che si faceva gli affari suoi coi Pearl Jam, sembrava l'unico di una certa affidabilità, lasciando comunque che le probabilità che la reunion fosse fatta per motivi ben esplicati dalla canzone degli SkruignersSuono Per I Soldi” fossero alte. Poi quella merda di canzone fatta per la colonna sonora di The Avengers non era certo il miglior biglietto da visita...ma questo King Animal andava ascoltato, fosse solo per la compagnia musicale che mi hanno fatto per anni. Farsi fottere 60 euro per vederli ad un orario indecente durante la settimana no, ma ascoltare il disco sì.
E cazzo con stupore devo dire che King Animal non è una cagata. Anzi. Ero prevenuto, ma pian piano Cornell e soci mi hanno convinto che ce la fanno ancora a fare buona musica, sia quando ripescano a piene mani dal loro passato con la potentissima “Blood On The Valley Floor” che quando si lanciano in ballad oscure solo apparentemente lontane dalle loro corde (“Taree”). I suoni si sono evoluti, grazie a dio, perchè di gente che è rimasta indietro di 20 anni bastano i redivivi (ahinoi) Alice In Chains, ma hanno ancora quel qualcosa di particolare che te li fa riconoscere, a volte smaccatamente come nel giro di chitarra dell'interludio “psichedelico” che accompagna verso il finale di “Been Away Too Long”o nelle vaghe suggestioni orientaleggianti di “A Tousand Days Before”, figlie allegre della vetusta Head Down di superunknowniana memoria. I Soundgarden accelerano e rallentano mostrandosi a loro agio con tutte le situazioni, anche se un certo rallentamento dell'adrenalina nella seconda parte del disco fa calare l'attenzione e non tutti i pezzi si possono definire capolavori: la qualità ha alti e bassi, e capita pure che dove vanno a manetta ci si annoi (l'energica ma povera di contenuti “Attrition”) e dove rallentano ci si diverta (“Black Saturday”, omaggiata anche dalla presenza di fiati che ne amplificano la resa e di un microassolo reverberatissimo perfetto nella sua semplicità). Di sicuro fare gli allegroni, per quanto i tempi cupi delle camice da boscaioli li hanno lasciati in soffitta, non gli riesce benissimo, e “Halfway There” lo dimostra ampiamente, e in un disco che fila liscio come l'olio senza grosse pecche (e con un mostruoso Matt Cameron alla batteria) bisogna dire che pure di pregi particolari non ce ne sono. Tanti bei pezzi, ma che lasciano una strana sensazione di irrisolto, come se da “Been Away Too Long” si potesse tirar fuori qualcosa di più che te la imprimesse maggiormente in testa, o in “Croocked Steps” e “Worse Dreams” si potessero inventare ritornelli più efficaci che ne amplificassero il potenziale. Forse dopo 12 anni lontani l'amalgama si deve ancora riformare bene, ma i segnali sono incoraggianti.

Insomma King Animal non è un capolavoro, non è il miglior album dei Soundgarden ma è probabilmente il miglior modo in cui potevano riaffacciarsi agli aficionados visto quanti segnali negativi aveva dato Cornell negli anni per giocarsi la fiducia dei fans (qualcuno ha mai ascoltato quella cagata r'n'b di Scream?) e quanto faceva schifo “Live To Rise”. Le 3 stelle di qui sotto sono poche, ma per quanto gli debba molto rimango un critico (uh che parolone, chi cazzo mi credo di essere?) stronzo e 4 erano decisamente troppe per un disco con pochi, veri sussulti. Però fa piacere riascoltarseli, sono invecchiati bene sti 4 boscaioli...

Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Universal


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