Dopo aver fatto due chiacchiere con lui (vedi qui), ed aver scoperto che Carlo Barbagallo non è solo il musicista, il tecnico,
il produttore, ma anche il bambino che ancora ha voglia di sperimentare,
conoscere e stupire, possiamo parlare della sua ultima creatura.
Anche se “ultima” per Carlo non è mai una parola che suona bene.
Possiamo dunque dire che è un album di partenza, quella che non si è mai stanchi di intraprendere, dopo innumerevoli soste fatte sempre con la medesima voglia di ripartire.
Anche se “ultima” per Carlo non è mai una parola che suona bene.
Possiamo dunque dire che è un album di partenza, quella che non si è mai stanchi di intraprendere, dopo innumerevoli soste fatte sempre con la medesima voglia di ripartire.
E sono ben otto le “tappe” di questo lavoro, ognuna delle quali ci regala alla fine una pausa che ci darà il giusto ritmo dell’attesa , per poi potersi meravigliare ogni volta della omogenea diversità di ognuna delle tracce.
Diversità regalata dalla grande capacità dell’artista e dei suoi
ospiti, di saper spaziare con estrema naturalezza, da un genere al suo opposto,
riuscendo sempre con estrema perfezione a combinare inconsapevolmente (ma anche
no), suoni lisegici a suoni caldi, che in toto avvolgono e ti consegnano alla
successiva scena, ovviamente diversa.
Sembra dunque essere questo il punto di forza di Blue
Record, la totale selezione e fusione di generi, colori e umori, che danno vita
a qualcosa di unico e inqualificabile, cielo e mare che si incontrano, materie
diverse, sfumature diverse, ma stesso principio. Il blu.
Blu elettrico, quello iniziale di “SoulSelf”, che non dà
certo tempo di pensare, ma voglia di andare avanti pensando che tutto sia alla
stregua di un velocissimo vortice.
E invece no, ecco che arriva “Radion”, una ballad da toni caldi e rilassati, da serate estive a mirar orizzonti in riva al mare, che assume sfumature malinconiche, da vero blues.
E invece no, ecco che arriva “Radion”, una ballad da toni caldi e rilassati, da serate estive a mirar orizzonti in riva al mare, che assume sfumature malinconiche, da vero blues.
Si arriva pian piano a “In My Better Cup” in cui voci e
blues all’unisono gridano con gran forza, la stessa che spingerebbe chiunque ad andare oltre.
Oltre. Oltre il passato, oltre le cicatrici e oltre quello stesso orizzonte che famelici si vuole superare. Basteranno dunque i successivi dodici minuti di “Rats & Mosquitoes” per riflettere e capire come fare.
Lenta, lunga a tratti lugubre, ma in ogni caso necessaria per potersi superare ed arrivare allo stadio successivo.
Oltre. Oltre il passato, oltre le cicatrici e oltre quello stesso orizzonte che famelici si vuole superare. Basteranno dunque i successivi dodici minuti di “Rats & Mosquitoes” per riflettere e capire come fare.
Lenta, lunga a tratti lugubre, ma in ogni caso necessaria per potersi superare ed arrivare allo stadio successivo.
Ed ecco infatti che inesorabili arrivano i suoni della
carica, quelli che dopo riflessioni e momenti di attenta analisi, ti spingono
verso la tua meta conosciuta o no.
Impossibile ora, non
appassionarsi alla voglia di ricominciare tutto dall’inizio, ma con la
consapevolezza di aver scoperto che alla fine certi momenti puoi farli durare
in eterno con il giusto sound e i giusti colori, magari quelli di “Rainbow”.
Un album che senza dubbio ha come tema il viaggio, inteso come traslazione dell’uomo verso nuovi lidi stellari, ma anche come trasformazione che il viaggio stesso impone.
Voto : ◆◆◆◆◆
Label : Noja Recordings
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