Punk's not dead, ce lo gridano con la loro grezza energia i Keet'em Murt, band pescarese che dopo l'esordio con un album autoprodotto alcuni anni fa tornano con questo ep di 6 pezzi. Filosofia Del Binario Morto è come un tuffo nel passato per gente come me, che ha passato svariati anni a pogare alle feste della birra del varesotto, vera fucina di band che in qualche caso hanno anche fatto il grande salto di notorietà a livello nazionale (Punkreas docet). Un tuffo nel passato fin troppo letterale però.
La canzone che dà il
titolo al disco, “Filosofia Del Binario Morto”, assomiglia
infatti in maniera incredibile nelle strofe ad una canzone che sbuca
dalle nebbie di anni ed anni orsono, "Vizi" dei Moravagine. Non ci
sarebbe niente di male se non fosse che già non sto facendo paragoni
esattamente lusinghieri, e il problema sta proprio qua: i Keet'em
Murt non inventano niente, e si rifanno ad un immaginario punk
adolescenziale che mi ha lasciato bei ricordi, ma legati per lo più
alle pogate e le serate con gli amici che non a livello strettamente
musicale. Così i cori urlati come quello con cui inizia la prima
traccia “Essi Vivono”, i suoni senza personalità, la voce
grezza...tutti questi particolari mi ricordano gruppi di 10-15 anni
fa dimenticati perchè tutti uguali tra loro, incapaci di
dimostrare di avere qualcosa in più degli altri a livello di
cattiveria, sonorità o testi. I testi, in realtà, non si fanno
neanche disprezzare, riuscendo a parlare di bere evitando il clichè
del punk ubriacone (“Tutto Ciò Che So”) e proponendo in qualche
pezzo spaccati di vita ai margini piuttosto profondi, come fa ad
esempio “Romeo & Giulietta”: è un peccato pertanto che la
partenza sia ad handicap, visto che la critica alla società che
emerge da “Essi Vivono” non è certo niente di nuovo né di
minimamente approfondito, un autogol che incide però solo in parte
nella valutazione di una capacità di scrittura dei testi acerba ma
comunque interessante.
Filosofia Del Binario
Morto esplora nei suoi 6 pezzi un po' tutto il punk italico di fine
anni 90-inizi 2000, dalle suggestioni quasi Oi della prima traccia
alle derive ska-punk della conclusiva “Tutto Ciò Che So”
passando per le atmosfere più cupe e riflessive di “Mai Più”,
ma non convince in nessuna di queste incarnazioni. Nessuno però è
nato imparato (e con questa mi sono guadagnato il nobel per la
letteratura) e chissà che dagli errori del presente i Keet'em Murt
non riescano a tirar fuori una personalità ben definita che li
risollevi dalla media: se non altro la concorrenza, per quanto ne so,
è meno ampia di una decina d'anni fa.
Voto: ◆◆◇◇◇
Label: Autoproduzione
Label: Autoproduzione
0 comments:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.