Leggendo la biografia del trio umbro Ground Wave, oltre ad essere investiti da una dose extra di autoironia e spensieratezza, si trovano più volte riferimenti allo spazio e ai viaggi degli austronauti nelle galassia. Niente di più corretto ed appropriato per chi si concede, almeno una volta, l' intero ascolto del secondo album “Goodbye Neil”.
Sette tracce in
antitesi l'una con l'altra, ma allo stesso tempo totalmente
correllate e collegate tramite l'allegoria di un uomo che cammina in
assenza di gravita su Marte, appunto.
Il disco parte con la registrazione di
una voce, che sembra provenire dallo spazio, per poi proseguire con
un ritmo che tanto ricorda "The Temper Trap" e continuare con tracce melodiche dove
la batteria scandisce la voce fredda e la parte elettronica dei
synth, come i vecchi maestri rock insegnano.
E' proprio questo che impreziosisce il
lavoro del trio, orientato con un loro personalissimo e originale
modo verso il mondo post-rock, ovvero la ricerca nella mescolanza e
bilanciamento della tradizione con l'innovazione musicale,
chiaramente visibile con la traccia "Don't Panic", dove un coretto al grido di 'Shubidubidubá' si aggiunge ad una seconda galattica registrazione voce e ai piatti che, come il ticchettio di un orologio, portano a "Houston, we have a problem".
L'ultima traccia, dopo diversi
crescendo, chiude delicatamente l'album lasciando bene in memoria il
giro di chitarra, che questa volta prende potere e si svincola anche
dalla predominanza delle percussioni.
Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Black Vagina Records
0 comments:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.