Anche se può sembrare strano e difficilmente comprensibile, il buon vecchio Thomas Edward Yorke pare essere entrato nel vortice della mediocrità, quella in cui si cede dopo anni di continue sperimentazioni, ugualmente se rimane invariata la capacità di dare una qualsiasi forma al suono. A distanza di otto anni dal suo primo album solista "The Eraser", Thom Yorke ci catapulta in una dimensione "altra", seppur familiare e non sconosciuta ai suoi più assidui ascoltatori, con il nuovo "Tomorrow's Modern Boxes", uscito il 26 settembre.
La distribuzione stessa del disco è stata del tutto singolare ed improvvisa (se non addirittura imprevista), infatti è stato lanciato sulla piattaforma di condivisione BitTorrent ad un prezzo (sei dollari per otto brani) estremamente contenuto, raggiungendo 100.000 download nelle prime 24 ore di distribuzione.
Un esperimento di mercato che pare essere riuscito con un discreto successo.
Pur essendo un disco tendenzialmente "neutro" e "lineare" nei brani che si susseguono in armonia, Tomorrow's Modern Boxes ha tutto ciò che serve : basi fluide che si insinuano rapidamente, la voce mistica di Yorke ed una sorta di "aura" quasi camaleontica che si dipana da ogni pezzo.
Ad un primo ascolto, il nuovo progetto partorito dalla mente del cantante dei Radiohead, può essere paragonato ad un unico pigmento rimescolato più volte; tuttavia basta "raddrizzare le antenne" per captare correttamente le otto tracce contenute nella scatola e per farsi trasportare in uno spazio apparentemente intimo, ma in realtà aperto a tutti e paradossalmente infinito.
Il disco parte con "A Brain In A Bottle" (accompagnata da un video nello stile di Thom), una prima traccia che non pecca un nulla; ipnotica, entra in testa come miele al rallentatore. Passando per "Guess Again", che stimola la voglia di ballare ma rigorosamente fuori dalla pista.
La terza traccia "Interference" ha un' impronta decisamente più cupa ma con una morbida venatura dettata dalla voce mai stancante.
"The Mother Lode" è una delle tracce più interessanti del disco; mescola infatti una base più veloce rispetto alle altre accompagnata dalla voce lontata e distorta di Thom Yorke.
La quinta traccia, "Truth Ray", ricorda i primi sperimentali approcci all'elettronica dei radicati Radiohead e fluisce immaginariamente come un'orda di volti dagli occhi sigillati.
"There Is No Ice (For My Drink)" è la traccia da club per eccellenza, caratteristica di una serata davanti a corpi che si muovono in modo impercettibile.
Giungendo verso la fine dell'album troviamo "Pink Section", tendenzialmente drammatica e dalla nota creepy che non rilascia emozioni pressanti.
Questo fluire di sensazioni contrastanti termina con "Nose Grows Some", melodia che - nonostante tutto - non fa pentire di aver ascoltato quello che può essere considerato un lavoro che fa "viaggiare" dentro e fuori la testa di uno dei migliori artisti che abbiamo sulla terra. Rimane a noi però sconosciuto il reale pianeta di provenienza dell'alieno Yorke, capace di trasportarsi e trasportarci ovunque. Anche con una piccola scatola fluttuante.
Voto: ◆◆◆◇◇
Autoproduzione
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