La sperimentazione in atto sul rock affonda le sue radici in un passato che forse in pochi, senza una adeguata riflessione a riguardo, potrebbero immaginare così lontano. Basterebbe nominare i Velvet Underground oppure Frank Zappa per porre fine a questa breve introduzione senza il
bisogno di aggiungere altro.
Eppure la lista è a dir poco interminabile, comprende nomi appartenenti a tutta la seconda metà del '900 fino ad arrivare ai giorni nostri, in cui un sempre cresente numero di filoni musicali si arricchisce di nuovi interpreti e, quindi, di nuove sfaccettature che a volte esulano totalmente dal contesto dal quale fermentano ed infine germogliano. Nella ricca vegetazione del sottobosco musicale
italiano si annidano i Loozoo, duo catanese che, a quanto pare, ne sa una più del diavolo.
"Brighter" è un lavoro che chiaro non è affatto. Non lasciatevi ingannare dal nome. Il minimo comune denominatore del disco è l'oscurità più bieca, l'alienazione che pende sempre più pesantemente sulle nostre spalle, inghiottiti nella disperata spirale che vi porterà verso il cuore nero del ventunesimo secolo (e qui ci scappa anche un bel richiamo ai King Crimson). Visto fin qui l'aspetto concettuale del lavoro passiamo ora a quello musicale, di certo meno immediato, meno
esposto ad un così largo ed ingombrante citazionismo.
L'intro della title track in apertura è terrificante, mandato in loop per un tempo che si stenta a quantificare. "Fea la nav" è un autentico vortice psichedelico che schiude la matrice elettronica alla base dell'opera dei Loozoo, interpretata seguendo un approccio assimilabile al movimento underground, quindi vagamente lo-fi o addirittura hardcore, se vogliamo.
Intanto "The Verge" e "Pecore e Storm" vincono (a pari merito) il premio di miglior brano del disco (la seconda si aggiudica anche la statuetta per il titolo più bizzarro del 2015) avvicinando mostri sacri della no wave come i Liars, portando la sperimentazione ad un livello superiore ma non necessariamente ancor più estremo, anzi meno eccessivo e quindi più diretto, viscerale, incisivo, sfociando in un risultato che non può non essere catalogato come "elettronico" (gli Aucan sono un perfetto esempio nostrano). Si perde totalmente il senso dell'armonia per favorire il groove, l'architettura della canzone lascia spazio ad una decomposizione quasi scientifica. Impossibile, a questo punto, non pensare alla lezione dei Radiohead racchiusa nel doppio tomo Kid A/Amnesiac.
"Brighter" vuole essere una dimostrazione di grandissima capacità di rielaborazione. Un gigantesco frullatore in cui convengono elementi apparentemente slegati fra loro ma, in realtà, strettamente interconnessi.
Il risultato è un loop che vi metterà a dura prova.
Voto: ◆◆◆◆◇
Label: Seahorse Recordings
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