lunedì 4 luglio 2016

Makoto Holmberg - Slow Night (Recensione)

Napoli non è mai stata così vicina a Milano. Makoto Holmberg, nome d'arte del napoletano Andrea Picella, dopo una serie di vicissitudini e due anni di necessaria gavetta, a giugno ha pubblicato il suo EP Slow Night per la milanese Syntheke Records. Due anni fatti di alti e bassi al termine dei quali Picella ce l'ha fatta, consegnando all'ascoltatore un lavoro composto da sei brani di elettronica sempre in bilico tra una ambient di impronta cinematografica e ritmiche sincopate su cui si innestano voci distanti, non provenienti da questo mondo.

Una elettronica piuttosto soffusa la sua, diretta nell'esposizione ma non per questo banale: in un ping pong estenuante, brani veloci, intriganti e ballabili vengono alternati ad aperture ambient quasi surreali, notturne come il titolo del suo lavoro. Slow Night è una release dedicata alla notte, da un lato intesa come quell'arco della giornata in cui la contemplazione avviene più spontaneamente grazie al silenzio, da un altro dedicata all'universo del clubbing, ben presente anche nella realtà territoriale di Picella. I ritmi di matrice UK parlano di un passato glorioso identificabile con certi '90, ma aggiornato ai tempi che corrono, con influenze di vario genere che spaziano dall'IDM (si pensi al remix di Dust and mirrors ad opera di Riccardo Noè) alla glitch

Anche quando alle prese con ritmi spezzati ed inflessioni IDM, Picella non rinuncia all'evocatività dei suoi brani, ponendo il cervellotico gioco ritmico sullo sfondo e lasciandoli respirare liberamente. In uno dei migliori brani dell'EP, la opener Crouched clouds, le textures frutto di sessioni di field recordings conferiscono un valore aggiunto a quanto prodotto e, in una operazione duchampiana, ricontestualizzano quelle registrazioni all'interno del brano, riuscendo a caratterizzarlo meglio nella sua particolarità, senza mai intaccarne la rigida struttura sottostante. In Hoarfrost è possibile ascoltare un giro melodico di derivazione Underworld del periodo di A Hundred Days Off, con una voce che, tuttavia, non riesce ad emergere nella sua forza, forse volutamente. 

In chiusura è posto un remix di Retrospective a cura di HatGuy che ne enfatizza il carattere tribale, trasformandolo in una danza elettronico-sciamanica per il terzo millennio, senza mai perdere di vista l'umanità del suono del musicista, influenzato da un territorio caldo ed ospitale, e questo è possibile ascoltarlo chiaramente, anche in un lavoro di musica elettronica. 

Raffinato, ben prodotto e contenente sprazzi di estro creativo piuttosto interessanti, Slow Night si appresta a diventare colonna sonora delle lente notti in bianco di chi ne scriverà. Lo aspettiamo alla soglia del full length

Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Syntheke Records

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