lunedì 24 ottobre 2011

Emphemetry - A Lullaby Hum For Tired Streets (Recensione)

Emphemetry - A Lullaby Hum For Tired StreetsVi sono album che spiazzano nelle intenzioni celate al loro interno. Se poi dischi come questi sono il frutto più sentito e profondo di artisti abituati a muoversi in contesti del tutto differenti, la riflessione assume forma ben più complessa, nel lasciar scrutare un lato confidenziale e intimo che mai ti aspetteresti da determinate personalità. Ed è questo il caso dell'opera prima di Emphemetry, progetto dietro il quale si cela Richard Birkin (detto Biff), che abbiamo avuto modo di conoscere nel sentirlo urlare e frustare la chitarra nella band emo Crash of Rhinos. In questo lavoro così personale Biff vuol narrare della terra in cui vive, dei suoi paesaggi, in una sospensione onirica che rasenta quasi la pace dei sensi. Lo fa in modo sublime e altamente suggestivo, accarezzando chitarre acustiche, sfiorando i tasti del pianoforte, usando loop e dirigendo persino un quartetto d'archi. A Lullaby Hum For Tired Streets prende il nome da un passaggio del primo capitolo del romanzo di debutto di Jon McGregor "If Nobody Speaks Of Remarkable Things", nel quale le storie e le vite in esso racchiuse non possono essere raccontate che attraverso frammenti, pezzi stringati e brevi memorie sopravvissute al lungo trascorrere degli anni. A detta dello stesso Biff, questo capitolo introduttivo riesce a rendere in parole perfettamente ciò che lui stesso voleva cogliere nella sua composizione musicale. Un album attraversato da molteplici sensazioni, al quale la coproduzione di Nils Frahm dona un candore e dei particolari così delicati e vividi che sembrano trasportare realmente sui territori delle Midlands del caro Biff. Dieci tracce in poco più di quaranta minuti che avvicendano, in un filo conduttore minimalista, episodi che spaziano dal folk all' ambient fino ad anticamere post rock. Il tutto legato da un piglio neoclassico che ben evidenzia la presenza nei crediti di Nils. Gli echi in lontananza di "After Catalunya", gli armonici di chitarra e i riverberi sullo sfondo, danno il via ad un viaggio di rara bellezza e armonia. Ed è in quegli episodi tipicamente folk ("Four Million Silhouettes", "So Long Magic Helper") che Richard dà il meglio di sè, grazie ad una voce pulita, di forte impatto emotivo che nulla ha a che spartire con quella dal fare sguaiato che avevamo avvertito nella coralità viscerale di Distal. L'apertura all'elettronica di "Every Other Day" pone l'accento su una probabile tematica ricorrente, quella del viaggio, inteso come summa di esperienze consequenziali all'interno di un determinato momento di crescita. Nel brano a cappella "Houses, Empty as Holes", l'impressione di trovarsi in un ambiente sospeso nel tempo e nello spazio è data dai vocalizzi che si innalzano sul silenzio di fondo. Rimandi compositivi alla Yann Tiersen e Balmorhea potrebbero scorgersi in tracce strumentali come "Five Fields" ed "Emilelodie" mentre a delineare ispiratissime linee post rock vi è "Francis Thompson" nei suoi oltre nove minuti di reiterazioni oblianti su crescita atmosferica.


Evanescente ed etereo nei tratti che lo contraddistinguono, ALHFTS è un album venato di romanticismo e poesia. Richard Birkin dà forma e contenuto ad un'opera decisamente sentita, dalla sensibilità artistica ineccepibile. L'album esce in vinile per l'etichetta TRISTE che già in tempi recenti aveva portato nel nostro paese l'esordio dei Crash Of Rhinos. Una prova quella di Biff, non più emo ma sicuramente emozionante.

Voto: ◆◆◆

Label: TRISTE/Time Travel Opps


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