sabato 11 febbraio 2012

Lana Del Rey - Born To Die (Recensione)

Lana Del Rey - Born To DieForse si è un po’ in ritardo per parlare di lei, considerando che, ora come ora qualsiasi stazione FM o web ne ha ampiamente fatto conoscenza e le sue hot tracks sono nella heavy rotation di qualsiasi programmazione radiofonica. O forse no. La questione non è recensire un EP composto di pezzi che conosciamo e conoscevamo alla perfezione anche prima della data di release (giuda chi giura di non aver sentito almeno una volta "Video Games" prima di gennaio) . Direi che non è decisamente il caso di spiegare le magie che si nascondono dietro le note di Born To Die. Si tratta di fare due pensierini sulla signorina Lana Del Rey (e non di dubbia moralità). La storia è questa. Miss Elizabeth Lizzie Grant , figlia di papà Robert Grant, noto imprenditore milionario, è intenzionata a diventare una star, ma presentandosi come Lizzie Grant qual è non sfonda. Così si firma come Lana Del Rey che certo, anche a chi di marketing non se ne intende (me, ad esempio), affascina parecchio. Esempio perfetto di come un nome un tantino più calibrato può marcare la differenza tra oblio e fama mondiale. Uniamola ad uno stile conturbante quanto la sua voce grave ne Born To Die, direi sensualmente torvo (non possiamo negare che sia una gran bella ragazza), un po’ alla Nancy Sinatra (come piace dire a tutti gli speaker in radio, quando si riempiono la bocca dell’aura di qualche nome celebre), un po’ Portishead, un po’ trip-hop: un buon miscelato di commercialità e osanne da Pitchfork che accontenta tutti. Lana Del Rey è un ottimo prodotto mediatico, un concentrato di reminiscenze un po’ vintage che mixa bene sixties quanto thirties, un ottimo esempio di come la nostra nuova cultura sul mainstream si possa cristallizzare e procreare belle e buone macchine per fare soldi. Un po’ come Lady Gaga; e non mi stupirebbe se anche Lana, la bambolina di fredda e bionda plastica non riuscisse ad intrigare uno come Tarantino. Con tutto ciò non nego che comunque a me, personalmente, Lana piace. Con il suo stile cinematografico (per non parlare dei video, giustamente, lei e la Gaga lì se la sono battuta), abbastanza anti-convenzionale per il genere di musica ‘pop’ sulla piazza (Off To The Races potrebbe far sperare persino un’evoluzione verso un genere più Cocorosie), ma sono ipotesi da sottoporre alla dura logica di mercato. Lana Del Rey è capace di far apprezzare il genere plasticoso da barbie maledetta ma vestita bene quanto la Kidman nel "The Perfect Wife". Per quanto riguarda il resto, non resta che aspettare il seguito; ai posteri l’ardua sentenza.

Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Polydor


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