martedì 18 giugno 2013

Queens Of The Stone Age - ...Like Clockwork (Recensione)

Al giorno d'oggi non ti puoi più fidare neanche dei tuoi gruppi preferiti: ti giri un attimo e loro ti attaccano un cartello con scritto “prendimi a calci” sulla schiena, ti ciulano la merenda dalla cartella a scuola e spariscono per 6 anni dando ben poche notizie di sé. E' quest'ultimo il caso dei Queens Of The Stone Age di Josh Homme, ritiratisi nel bunker dove avevano registrato l'ultimo Era Vulgaris, anno di grazia 2007, per tornarne fuori con centellinate notizie che lasciavano presagire un parto molto anticipato rispetto alla data in cui è stato effettivamente pubblicato ...Like Clockwork: sta di fatto che all'improvviso mi imbatto fra il lusco e il brusco in “My God Is The Sun” su youtube e capisco che sì, l'attesa è davvero finita.

La traccia che ha spezzato definitivamente il silenzio dei Qotsa è sicuramente una delle cose meglio riuscite del disco: forte di una progressione che porta alla mente i tempi del grande successo di Songs For The Deaf e di una graniticità ripetitiva, particolarmente batteristica, che non rinnega il “robot rock” di Era Vulgaris, il pezzo lasciava presagire paesaggi sonori ben più potenti di quel che alla fine si trova realmente in queste 10 tracce.
Keep Your Eyes Peeled”, che fa da apripista, si porta infatti appresso le tinte cupe e bassose a cui i Qotsa ci hanno abituato soprattutto negli ultimi anni ma si scorda per strada l'energia, a meno che andare avanti per 5 minuti con un incedere roccioso ma monotono possa essere considerato energico: potenza sprecata insomma, e non è l'unico esempio di monotonia che possiamo ritrovare in ...Like Clockwork. In più di un'occasione i Qotsa cercano infatti di camuffarsi da suadenti intrattenitori, addolcendo il loro sound ed affidando al piano di “The Vampyre Of Time And Memory” ed alla chitarre melliflue di “I Appear Missing” il compito di cullare l'ascoltatore e variare il tono generale, fallendo però per una povertà di idee che rende ripetitiva soprattutto la seconda, salvata in alcuni punti solo da improvvise sferzate a base di batteria ringalluzita e arpeggi frenetici. Non che la scelta di ammorbidire i toni sia da bocciare, perchè è proprio dalla sua fusione con l'anima più diretta e rock della band che escono gli episodi migliori, concentrati al centro del disco. “Kalopsia” ad esempio, che si avvale dell'apporto di Trent Reznor e di Alex Turner degli Arctic Monkeys, riuscitissimo mix di atmosfere suadenti fra piano e tranquilli arpeggi di chitarra con basso e batteria ad accompagnare leggeri prima che i ritornelli sconquassino tutto con un'energia inarrestabile, su cui le chitarre comunque frenano l'istinto di spaccare tutto ed accompagnano invece con melodica energia il resto degli strumenti. La successiva “Fairweather Friends”, canzone in cui si ritrovano la maggior parte degli ospiti del lotto fra cui il baronetto Elton John al piano, contributo essenziale per rendere più sinfonico un rock energico che va oltre lo stoner solito del gruppo per abbracciare, anche in questo caso, un gusto melodico che non stona assolutamente con quanto fatto in passato da Homme e soci. Il mood indie-funk di “Smooth Sailing” è un'altra piccola sorpresa, granitica ma allo stesso tempo danzereccia col falsetto di Josh ad impreziosire l'atmosfera da dancefloor atipico, come se avessero imbottito di testosterone e rallentato di un tot i Franz Ferdinand, e convince anche “I Sat By The Ocean”, probabilmente il brano più Qotsa style col suo incedere che può riportare alla mente tanti classici della band senza per questo scimmiottarli pedissequamente (qualcuno ha detto “If Only”?). Convince meno invece “If I Had A Tail”, sospesa fra la sua voglia di spaccare tutto in grezzi ritornelli ed il desiderio di portare il tutto su toni meno esagerati in strofe decisamente più raffinate, con un basso morbido morbido che accompagna docile piuttosto che spettinare come ai vecchi tempi: fa di peggio comunque la conclusiva title track, tentativo strappalacrime di Josh Homme di trasformarsi in sofferente cantastorie voce-piano malriuscito e ben poco emozionante, anche quando entrano gli altri strumenti a dargli manforte se si esclude un veloce ed indolore assolo di chitarra che risulta comunque la cosa più azzeccata di questo zoppicante finale. Le atmosfere di una “Mosquito Song”, per fare un esempio simile dal passato, sono ben lontane.

Non sono bastati gli ingressi in corso d'opera dei benemeriti Nick Oliveri e Dave Grohl, non gli anni di gestazione, non le comparsate ben nascoste (qualcuno ha trovato traccia del cantante degli Scissor Sisters nel primo brano del lotto? Non che il giochino degli ospiti sfruttati il minimo indispensabile non sia già stato usato 6 anni fa, ma almeno Mark Lanegan potrebbero farcelo godere appieno): ...Like Clockwork non è certo un meccanismo ben oliato, e ci restituisce un'immagine confusa del progetto di Josh Homme, più convincente quando si abbandona a tinte più solari che non quando cerca di dare nuova linfa ad un immaginario greve in cui le idee non riescono più a supportare adeguatamente i suoni. Non un brutto album, ma di certo non il capolavoro di cui andava blaterando chiunque sia stato coinvolto nel progetto.


Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Matador




6 comments:

Anonimo ha detto...

non capisci nulla di musica..figurati dei queens...recensione scarsa e senza reali argomenti. cambia lavoro

Michele ha detto...

Non hai capito un cazzo.
"Povertá di idee in i appear missing" ma quanto sei stronzo.
Che recensione di merda.

Anonimo ha detto...

c'hai preso in pieno, belli 2-3 pezzi, appena sufficiente nel complesso... ma una merda rispetto le aspettative

FickyIZ ha detto...

Beh il mondo è bello perchè è vario, ma le critiche le preferirei costruttive. Aperto alla discussione, se mi sono perso qualcosa di cui secondo voi dovevo accorgermi mi piacerebbe avere il vostro parere

Gabe ha detto...

Io ti consiglio di ascoltartelo un po' di più.
Ma veramente, senza fare il presuntuoso, non è un cd su cui spalare un po' di merda cosi a caso dopo un ascolto veloce.

FickyIZ ha detto...

Puoi fidarti che di ogni disco, dal più sconosciuto a gruppi come i Qotsa, non mi azzardo a parlarne senza prima averlo ascoltato più e più volte. Il mio parere non è positivo (in realtà neanche così negativo) ma non dipende dall'ansia di stroncare un gruppo famoso per il gusto di farlo, altrimenti di Era Vulgaris anni fa avrei scritto peste e corna invece di ascoltarmelo con calma e rivalutarlo piano piano. E a quei tempi mi avevano attaccato perchè mi era piaciuto

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