lunedì 22 agosto 2011

The Ladybug Transistor - Clutching Stems (Recensione)

The Ladybug Transistor - Clutching Stems

Gary Olson (cantante e penna) e Frida Eklund (basso) si guardano spesso negli occhi durante i live e paiono trasmettere anche al resto della band newyorkese quella sicurezza dolce ed ammaliante che ha inventato questa lieve fascinazione chiamata The Ladybug Transistor, ovvero l’arte di sedurre con un indie-pop liscio come velluto e colorato delle sfumature della carta paglia, un accento velato d’undici tracce che svolazzano nell’aria come foglie nella tranquillità dell’anima, che trasportano i pensieri – quelli carichi – lontano ad espiare colpe ed ansie.

Possiamo anche definirlo pop da camera, ma porterebbe più in la a deviare per strade senza punti di forza, invece la definizione d’indie pop calza teneramente per la sua volontà di non girare mai a vuoto, anche se qua e la – in differenti approdi di tracklist – ectoplasmi di Calexico, Belle And Sebastian, Jens Lekman e una certa grigiosità wave alla Wire e Morrissey – fanno debolmente costruire momentanei presagi d’immagini passate, ma è solo – ripeto - nel momento.

Clutching Stems”, settimo lavoro dei Brooklyniani, cerca la bellezza e la raffinatezza nell’insieme di elementi per rendere “arte” quello che in apparenza può sembrare semplice pop da occhio strizzato, cerca la precisione come nel tessuto sonoro delle ballate agrette “Light on the narrow gauge”, nei pizzi e trine del new-romantic “Ignore the bell”, nei ricami d’oboe elettronico che piroetta ossequioso in “Oh Cristina”; certo che i Neutral Milk Hotel e magari anche gli Apples In Stereo faranno scongiuri quando sentiranno i loro colleghi ritornare sulle orme primarie del pop che li aveva visti nascere insieme e ora muoversi con agio in certe nuove trasversalità (anche se nulla di tremendamente estremo e innovativo tanto per intenderci), ma gli TLT in questo bel disco non lasciano nessun buco da riempire, fanno scorrere il loro “modo gentile” di fare musica come una lenitiva sostanza integrale e calmante “Breaking up on the beat”, “Hey Jack I’m on fire” e “Life less True” chiusura tra Hammond e wavemania nostalgicamente presente tra le ciprie e le giacche con le spalline stragonfie di Paddy McAloon dei Prefab Sprout.

E sì, Gary Olson e Frida Eklund si guardano spesso negli occhi durante i live, ma forse è una storia che si riduce all’osso, la vera realtà è che gli The Ladybug Transistor nel loro insieme suonano non per conquistare il mondo ma per reinventare uno “spirito del tempo” che si è disciolto nel nulla. E gli viene bene!

Voto: ◆◆◆◆
Label:
Merge Records



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