martedì 20 settembre 2011

Thievery Corporation – Culture Of Fear (Recensione)

Thievery Corporation – Culture Of FearDurata: 49:40, quasi un’oretta d’apnea totale o come si preferisce un’oretta di planate a tu per tu con la ionosfera, fate voi, l’importante che usiate i meccanismi originali per effettuare questi pindarismi sotto/sopra, vale a dire sempre e comunque le “emulsioni” perfette dei Washingtoniani Thievery Corporation, da anni piloti ufficiali del trip-hop chill out (ex- lounge music) mondiale, ed ora che arrivano con il nuovo “Culture Of Fear”, la concorrenza di quelle band inglesi, colleghe solo in carta, che li vedono sott’occhio si inalbera, ruggisce e schiuma rabbia.

Eppure c’è posto per tutti in questo “stile sensoriale”, si tratta solo di chi lo fa meglio, e il duo americano sin dagli anni 90 è reo di un’infinita strage di piacere mentale sotto l’ipnotic dance, nella quale milioni e milioni di esseri pensanti, si sono immolati come cavie di un sacrificale ordine.

Dopo Radio Retaliaton del 2007, l’arrivo del nuovo lavoro TC per molti è stato motivo di storture di naso per via di una certa “linea continua” che non si smarca da tutte le precedenti produzioni, vale a dire stallo di creatività, ma queste sono solo estremismi che non vanno da nessuna parte, il loro suono globale non si è sgonfiato di un millimetro, anzi seguita ad inglobare e rinnovare, con infinite nuove diramazioni e dettagli, ogni piccolo soffio o brezza che il mondo dona tramite le sue “onde di trasmissione” di jazz, tribal sound, drum’n’bass, pop, rock, world, acid, dub e che una volta incamerate nelle dream-machine di Eric Hilton e Rob Garza, vengono rimesse in circolo sottoforma di profumi, bassi che esplodono in gola, funky e la straordinaria sensazione di essere come un palombaro che scandaglia l’aria.

Il loro spirit è uno space-age pop in 3D, e veramente se avvicinate anche il naso ai coni, durante la performance di questo disco su stereo, toccherete, sentirete e annuserete tutte le sfumature che vi si condenseranno davanti come prestidigitazioni di una magia zeppa di grooves e vibes senza ritegno da tanta bellezza; ripeto, non cliché, ma stati tridimensionali irresistibili, un morire fuori e rinascere dentro con lo shafty funk che vi libera dai muscoli “Web of deception”, il french touch che morde delicatamente l’orecchio con una doppietta di tracce miracolose “Take my soul” e “Light Flares”, un tuffo nei carribean in levare “Overstand”, “False flag dub” in cui uno strepitoso Chris Ras Puma Smith mette anima e voce e “Stargazer” guest Sleepy Wonder.

Con l’amniotica andatura di “Is this over?” si galleggia da dio e dentro la bambagia eterea di “Free”, agitata delicatissimamente dalla feat. Sylvia Berenice Eberhardt, si rischia - a furia di rotolarsi oziosamente - di non “tornare più sul pianeta Terra”, e questo tutto sommato non sarebbe male rimanerci impigliati per sempre nel lassù dei Thievery Corporation; un altro karmachoma che i nostri americani mettono a segno, del resto chi è abituato a vivere e suonare a “mille metri sopra il cielo” non può fallire la rotta del suo nuovo volo, mentre noi poveri esseri appiccicati all’asfalto siamo ancora allo stato evolutivo di bruco. Meglio non pensarci.

Voto:
Label: ESL 2011


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