L’alchimia scaturita dall’incontro tra l’elettronica ossessa formato nu-rave e il noise industrial sulle direttrici frastornanti dei NIN partorisce il quartetto fiorentino dei Neuromantik, qui al taglio del nastro del loro primo disco ufficiale, “And choking and breathing”, una decina di tracce al sodio, implicazione e fusione di due mondi apparentemente distanti, la concettualità dei beat-glitch e il supersonico techno-visionario dilatante che, una volta messi in grado di azionarsi, esplodono in un agguato sonico colpendo ogni membrana a disposizione nel raggio di un metro, orecchio compreso, anzi principalmente.
Scarnificando il tratteggio di un’armonia attraversata costantemente da scariche elettriche, tutto si muove su toni oscuri e oppressivi, un certo peso Ottantiano che evidenzia la profonda inquietudine e una registrazione non proprio perfetta, troppo coprente la parte musicale rispetto la voce “Smokers” su tutte, si estrapola un’interazione a sintetizzare i dischi degli ormai numi tutelari dell’elettronica (Auterchre?) ma anche una descrizione noise dove la traiettoria ideale dell’uomo-macchina, tanto cara a Tsukamoto Shinya, viene esposta come una luce di silicio che provoca emozioni sintetiche e delirio ammassante.
Nel genere proposto dalla band toscana – nonostante (ripeto) la non perfetta messa a fuoco di balance e timbrica – vive anche quel minimalismo colto, espressivamente esangue come nei progetti degli Autistic Daughters e Labradford (e con ciò sono punti a favore per il quartetto), e lo si sente bene percorrendo questa buon’ansia sperimentatrice; dunque in poche parole hard techno acida e tenebrosa che è stimolazione continua per il cervello, un assalto sensoriale che arriva da ogni parte, luogo, il rimbombare da un rave in un capannone dismesso “Violent Skills”, “Hedonism”, la potenza ignorante che trascina nel vortice di un accenno di melodia “I did something dangerous”, “Grey”, l’ipnotismo sui colori mantrici di “The distance” o le pulsazioni claustrofobiche e sincopate di “Hate midnight” dalle quali se n’esce rintontiti ma soddisfatti.
Se casa Warp captasse questi fiorentini chissà che non ci scappi un contrattino non male, per il momento questo disco fa sbattere a dovere, una buona dose di ghiaccio bollente sul quale Thomas Brinkmann e Trent Reznor ballano sudatissimi e danno l’ok virtuale ad una band e ad un lavoro discografico che funzionano davvero nella loro devastante corsa ombrosa.
Voto: ◆◆◆◆◇
Label: Audioglobe
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