Gli EP ti permettono di avere pochi pezzi simbolici dell’idea che vuole rendere un artista. È un po’ come un biglietto da visita, lo dai al tuo ascoltatore, ascolta qualche tuo pezzo e capisce un po’ che tipo sei. Un po’ come gli speed date della musica, hai massimo un quarto d’ora per dire chi sei e per convincermi a portarti fuori a cena. Ok, forse porterò i We Are Trees a prendere un caffè, perché seppur piccolo, Girlfriend mi incuriosisce quanto può farlo un imprevisto piacevole nel mezzo di una giornata da cui non ti aspetti nulla.
Se si legge bene, loro lo definiscono album, non ep, per quanto abbia cinque tracks e per quanto scendano bene in meno di quaranta minuti, quelli che separano il mio rientro a casa dalla cena. Se potessi dare dei toni più concreti – come una pennellata di vernice più densa – ai Local Natives forse otterrei i We Are Trees, con qualche riverbero che li fa assomigliare ai Be Forest ( senza cadere nei colpi quasi metallici di basso ). Hanno una bella densità folk per quanto ben calibrata e mai stucchevole; insomma, sono dei bravi indie. La melodia che ne esce è omogenea, un po’ un marchio di fabbrica, simile a quello che contraddistingue tutte le band della scena alternativa del momento, a meno che non entrino nell’emisfero dub step o si lascino persuadere dalle magie del folk alla Fleet Foxes. Quattro pezzi che accompagnano volentieri un’ora della tua giornata e la ricaricano, già, perché sembrano appena uscita dalla colonna sonora di qualche serie tv ricca di scene da memorizzare in milioni di visualizzazioni su You Tube, e direi, questo non è decisamente da sottovalutare come potenziale da band.
Su cinque canzoni, colpisce l’unità di suono: ogni pezzo mantiene la stessa cadenza. Ha accenni un po’ dream pop alla The Radio Dept. nel primo pezzo ( Teenage Heartbreak potrebbe benissimo uscire direttamente dalla colonna sonora di Marie Antoinette ), con quegli accordi appena rubati agli strumenti, una voce soffusa e un po’ sognata. I pezzi si susseguono con la stessa dolcezza tra il malinconico e il materno che avvolge in un pezzo dei Wye Oak ; Colorado si tinge di rimembranze di Foals. Girlfriend inizia esattamente come la Vedova Bianca degli Afterhours ( cosa che mi ha sorpreso abbastanza ) ma continua come il pezzo più sorprendente dell’intero album, prendendo una carica ‘positiva’ e più folk rispetto agli altri pezzi, con questa atmosfera tra l’onirico un po’ Beach House e scariche di chitarre. You è una ballata folk della dolcezza di 2 minuti ed 8 secondi, capace di cambiare allo scadere del primo minuto e ricordarti che tre-quattro note poste nella giusta sequenza possono rivelarti una magia ipnotizzante . Chiude I don’t Believe in Love, forse il più rock nel senso sempre indie della parola, trova una sua indipendenza nel complesso, avvicinandosi più ai Rooney o ai Dandy Warhols che a tutto ciò che sembrava dato per assunto di questa band dalle quattro tracks precendenti. Da ascoltare, e vedere dove possono arrivare.
Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Collective Crowd Records
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